CIAD di Vanda Ronchin
Periodo : NOVEMBRE 2014
Durata : 18 giorni
Tipologia: viaggio di gruppo organizzato
ITINERARIO
N’DJAMENA – FAYA – LAGHI (OASI) OUNIAGA KEBIR e OUNIAGA SAKHER – FADA – ARCHEI – BACHIKELE – TOKOU –TERKEI – KALAIT – BILTINE – ABECHE – MONGO – N’DIAMENA
Il CIAD (o TCHAD) è un paese dell’Africa centrale poco visitato. Ho il piacere di farvelo conoscere attraverso l’interessante e divertente diario di Vanda, un’amica viaggiatrice, amante del deserto e della fotografia.
Andare in Ciad in questo momento è stata una scommessa, tra ebola e avvisi sulla sicurezza, ma è stata ampiamente vinta perché ci ha dato molto. Il Ciad è un paese grande con pochissimo turismo dove trovi il predeserto, la savana, il deserto con le dune, i massicci rocciosi (Ennedi e Tibesti). Alcune zone, come quelle delle montagne, sono quasi completamente disabitate, anche a causa delle zone minate (Tibesti), se non da mandrie di cammelli (anzi dromedari per l’esattezza ma che per comodità noi chiameremo cammelli), pecore, asini, vacche, praticamente l’unica risorsa economica del Ciad (anche se al nord c’è il petrolio e nel Tibesti sembra che abbiano scoperto l’oro, quindi è un’area doppiamente pericolosa). Proprio per la presenza di queste ultime due risorse sono già arrivati i cinesi costruendo una centrale elettrica, una raffineria (nella capitale N’Djamena) e una strada asfaltata (l’unica) lunga circa 900 Km che va da N’Djamena a Mongo. A vederla sulla cartina è un tratto brevissimo. Tutto il resto del paese si fa su piste di sabbia. Il Ciad ha diverse tribù – Bideyat e Ounias – purtroppo divise e tipicamente nomadi. Quella dei TOUBOU o TEBU (dipende dalla pronuncia) è una tribù molto bellicosa originaria del Tibesti. Sino a qualche anno fa i ciadiani non accettavano il turismo, considerando il deserto loro proprietà. Per il ciadiano esiste questa priorità : 1^ la Famiglia – 2^ la Tribù, questo produce di conseguenza il nepotismo più sfrenato; non a caso è tra i paesi più poveri al mondo. In ogni villaggio in cui ci siamo fermati per vedere, figuriamoci per fotografare, “bisogna” pagare il capo villaggio come “permesso di visita”. La vita dei ciadiani è regolata dal sole. Le donne devono andare a prendere la legna e l’acqua per cucinare, lavorare attorno alla capanna. Gli uomini e i bambini vanno a pascolare il bestiame. I bambini più grandi accudiscono i più piccoli.
Questo viaggio mi è piaciuto moltissimo. L’obiettivo della nostra spedizione è stato quello di arrivare dalla capitale sino al massiccio dell’Ennedi. Questo richiede 3 giorni di viaggio attraverso un predeserto per arrivare alle oasi di Ounianga Kebir e Ounianga Sakher ed infine l’Ennedi. Evidenzio fin da subito i veri padroni di questo posto: SOLE – VENTO – SABBIA. Sembra abbastanza scontato, ma non è assolutamente così, sono tre elementi che in tutto il periodo di permanenza in Ciad non ti lasciano mai, né di giorno e di notte (ad esclusione del sole la notte).
Tutti i giorni sono stati fatti in tenda, con poca o niente acqua per lavarci (le manopole presaponate hanno fatto miracoli).
Elenco i personaggi della nostra spedizione:
Adolfo, organizzatore locale e capogruppo (pensare di andare in Ciad senza una organizzazione alle spalle è da suicidio) – Al Libi (il libico), Ibraim, Saleh, (anche guida) i nostri autisti assieme ad Adolfo – Usman, il cuoco e Nicola, l’aiuto cuoco – Io, Cristina, Maria Rosa e Tina (le tre amiche), Renzo e Tina (marito e moglie, lui medico), Laura, Alberto (spagnolo, arrivato giusto in tempo dopo enormi peripezie con il passaporto, con relativo visto, perso dal corriere francese).
DIARIO
8/11/2014 Partenza da Venezia per Roma per imbarcarci alla volta di Addis Abeba con la Ethiopian Airline, aereo vecchiotto non molto confortevole (7 ore di volo circa); all’arrivo ad Addis Abeba fuori in coda al terminal perché ci devono misurare la febbre (ebola). Un caffè in aeroporto – costo € 6 !!! – poi imbarco e volo di 4 ore per N’DJAMENA, la capitale del Ciad. Dal finestrino solo DESERTO, DESERTO, DESERTO !! 4 ore di volo e solo deserto. E qui ti poni già una domanda : ma quanto è grande il deserto, considerando che abbiamo sorvolato solo una zona e anche piccola. All’arrivo altro giro di controllo febbre (ebola). N’Djamena è un agglomerato di case costruite al tempo del colonialismo francese. Due strade principali, poche macchine, non c’è assolutamente niente da vedere, anche se qualche piccolo grattacielo lo stanno costruendo (i cinesi). Finalmente arriviamo in albergo: HOTEL CENTRAL, acqua calda e abbastanza pulito, qualche grillino e così via…… Ci viene detto che è il terzo migliore albergo della città….!!??…. Dopo esserci sistemati e aver preparato le borse per l’indomani, ricordiamoci che d’ora in poi avremo la tenda, ceniamo all’ALI BABA’ e visto che non abbiamo cambiato il denaro (la moneta è il franco centroafricano detto CFA) paghiamo in euro, 12 a testa. Io mangio una grigliata senza lode e senza infamia e una birra locale.
10/11/2014 Si dovrebbe partire verso le 8,30 ma ovviamente non ci sono le macchine, tempi africani, questo sarà leitmotiv di tutto il viaggio. In attesa ripariamo in una pasticceria “ Le Jardin “ la più in di tutta N’Djamena, infatti è frequentata dai bianchi e dai neri ricchi. Molti sono i retaggi del colonialismo francese: la lingua ufficiale, la pasticceria, il cibo (nella capitale), mentre nei villaggi il cibo segue le antiche usanze. Finalmente si parte, dopo aver fatto avanti/indietro con le auto alla ricerca del carburante, che in un paese che ha il petrolio sembra un assurdo!!! scopriremo poi che i distributori di carburante esistono solamente a N’Djamena e a Mongo. Si fa rifornimento anche di alimentari e cibo. Caldo soffocante circa 38 gradi.
Paesaggio insignificante, brullo, con acacie e arbusti bassi, la cosa divertente è vedere i cammelli che allungano il collo per prendere le foglie più verdi delle alte acacie, sembrano delle giraffe. Pranzo: panino con pomodori, cipolla e formaggio. Sera: cena con couscous. Poi una meravigliosa stellata, si vede tutta la volta celeste, con la via lattea, stelle cadenti da far esaurire tutti i desideri. Poi si alza la luna e pur non essendo piena, ma in fase calante, illumina la notte quasi fosse giorno. Andiamo a dormire alle 20.30 !!! con tanto di torce.
11/11/2014 Sveglia alle 6.00, smontiamo le tende (ognuno la sua) e questo accadrà tutti i giorni, per tutti i 15 giorni di spedizione, onde permettere allo staff di caricare nelle macchine tutta l’attrezzatura (tende, tavolo, bagagli). Facciamo un paio di chilometri a piedi poi ci raggiungono con i mezzi e partiamo. Questa mattina raggiungiamo un villaggio e stranamente (non succederà più) il capo villaggio permette che fotografiamo, soprattutto le donne, che poi durante il viaggio faremo una fatica immane a fotografare; NON LO VOGLIONO IN ASSOLUTO ! sono state perse bellissime foto per questo divieto. Prima del calar del sole si allestisce il campo e prima di cena facciamo toilette come è possibile. Dalla sacca di Alberto (lo spagnolo) appare un chilo di Parmigiano Reggiano. Usman ci fa un risotto con il formaggio e le verdure. Spente le torce ci gustiamo il cielo stellato. Uno splendore.
11/11/2014 Ancora tappa di trasferimento, però si nota il cambiamento del paesaggio: ora ci sono pochi alberi, la sabbia comincia ad insinuarsi sempre di più in tutto, auto, vestiti, capelli, orecchie. La vegetazione si sta riducendo a cespugli sempre più bassi, sino a diventare i classici ciuffi d’erba in mezzo alla sabbia. Ci insabbiamo con la macchina (ancora non sappiamo che è il primo di innumerevoli altri insabbiamenti). Cena: spaghetti alle verdure, poi discussione sui posti macchina, io che sono “cicciona “ posto davanti.
12/11/2014 Saleh (la guida) trova un pozzo d’acqua, ma come fa a trovarlo dove non si vede niente se non sabbia!!! Capisco che conosce tutte le piste… Al pozzo facciamo rifornimento di acqua che serve per cucinare e per lavarci almeno il viso e le mani con un piccolo catino. Poi scopriremo di averla anche bevuta, come aperitivo la sera prima di cena !!!! Al pozzo i bambini ci assalgono con richieste di ogni genere.
13/11/2014 FAYA Qui abbiamo l’assaggio di ciò che vedremo i prossimi giorni: rocce e dune di sabbia mischiate assieme, con un gioco di colori strepitoso. FAYA, cresciuta attorno ad un palmeto, è una cittadina dove tutti si riforniscono di carburante – non essendoci distributori si travasa il liquido dal bidone alla tanica e da questa, con una gomma, si succhia e si riversa dentro il serbatoio della macchina – di generi alimentari e di acqua minerale. Questa cittadina vive di questo, in quanto è l’unico avamposto per chilometri e chilometri, ed è posta sulla pista principale che al nord porta in Libia. In attesa dei rifornimenti andiamo a mercato, per fare qualche foto dobbiamo parlare, parlare ma le donne sono restie, con i bambini va meglio, facciamo vedere sulle nostre macchine fotografiche i risultati dello scatto e quindi poi tutti (i bambini) vogliono la foto. La povertà e l’arretratezza sono palpabili; non muoiono di fame, però manca quasi tutto. E’ vero i maschi sono su moto cinesi oppure sui pick-up, però…… Comunque, un tempo, quando c’erano i francesi, doveva essere una cittadina carina, ora è in pieno degrado. Francesi che ci sono ancora, infatti ci raggiunge una pattuglia dell’esercito francese, lì per una missione che non abbiamo capito. Dopo varie insabbiature riprendiamo la pista. Incontriamo un caravanserraglio con moltissimi cammelli. Dopo varie trattative il capo acconsente a farci fare qualche fotografia. Proseguendo troviamo un pozzo nei pressi di un altro caravanserraglio dove tutti stanno facendo rifornimento d’acqua. I loro contenitori altro non sono che le camere d’aria delle gomme dei camion. Qui tutti si fanno le pulizie, chi al corpo, chi si lava i capelli. Che vita infernale ! Cena: pasta al pomodoro e frittata con cipolle, carcadè. Durante la notte esco dalla tenda e vedo uno spettacolo che non riesco a scordare: la luna quasi piena (illuminazione quasi a giorno) con Sirio appena sotto e un palmeto in controluce, sembra la cartolina che da bambini ci mostravano delle fiabe delle Mille e una notte! Semplicemente meraviglioso.
Dei giorni 14 e 15/11, di puro trasferimento nel predeserto, non ci sono cose importanti da dire se non adattamento alla tenda, al caldo, al vento.
16/11/2014 LAGHI (OASI) OUNIAGA KEBIR e OUNIAGA SAKHER. Come sempre alzata alle 5,30, colazione alle 6,00 e poi passeggiata con bagno al lago per chi vuole, dentro al palmeto dove abbiamo campeggiato la notte. Bello ma a parte Alberto nessuno fa il bagno nel lago, in compenso tutte noi donne ci laviamo i capelli (dopo 7 giorni !! con tutta la sabbia !!!). Successivamente andiamo al villaggio vicino a “registrarci”: comunicare ai militari il nostro passaggio. Qui i militari non hanno divise, possono essere vestiti in borghese (alcuni stanno in ciabatte!) e avere qualche grado segnato sul vestitone tipico loro. Durante questa sosta mettiamo a dura prova la nostra pazienza di fotografi. Per fare una foto si deve poi far vedere dalle macchine quello che abbiamo fotografato. Le più tenaci per il NO sono le donne, soprattutto le velate, mentre gli uomini si fanno fotografare in pose da “machi”. Dopo circa 3 ore di attesa (controlli e rifornimenti) partiamo per OUNIAGA KEBIR. Qualcosa di favoloso da mille e una notte (scusate la ripetizione, ma non trovo di meglio). Un’oasi o lago, come meglio definirlo, con da un lato colore bluette/verde e dall’altra colore rossastro, il tutto attorniato da palmeti e rocce di varie sfumature. UNA CARTOLINA ! Pranzo picnic e poi verso un altro lago, anche questo circondato da palmeti, con alcune rocce che si riflettono sull’oasi al tramonto e tutto circondato da sabbia gialla. A questo punto sono già innamorata del Ciad.
17/11/2014 Giornata problematica per le auto: bucato varie volte, insabbiati pure, senza contare il “salto” sulla duna. Adolfo (l’autista in quel momento) prende in velocità una duna (perché così va fatto) ma poi arrivati in cima non troviamo la sabbia, quindi “atterriamo” con una violenza indicibile (potevamo capotare) e ad Adolfo rimane l’asta del cambio in mano! In questo frangente “perdiamo” le ruote motrici davanti e lo pagheremo più avanti con tante insabbiature. Non si affronta il deserto con sole due ruote motrici!! Nel frattempo ammiriamo il paesaggio che cambia di continuo, pur essendo desertico. Ci accampiamo nel deserto, tira un vento micidiale. Per cena: stelline in minestra; mai avrei pensato di magiare minestra nel deserto !!! A letto presto, troppo vento. Dimenticavo di dire che l’abbigliamento notturno è: pigiama, felpa e pantaloni in pile. Alla notte fa freddo, tanta escursione termica: da 38 gradi di giorno si passa a 20 alla notte; in più la sabbia non trattiene il calore.
18/11/2014 Verso l’ENNEDI. Siamo in ritardo con il programma (v. forature e insabbiamenti). Alzata veloce, come sempre alle 5.30, colazione veloce. Si va verso l’Ennedi, panorami mozzafiato, montagne frastagliate annerite dal sole che ai loro piedi, anziché la neve, hanno sabbia gialla. Varie insabbiature e forature, picnic con pasta fredda. Raggiungiamo FADA, ultimo posto dove rifornirsi di carburante e viveri. Carburante finito, sono andati a cercarlo. FADA, cittadina (??!!) ex avamposto francese con relativo forte (vietatissimo fotografare anche e solo in quella direzione) la cui economia (quando c’era) era basata più che altro sul traffico di ogni genere, dal contrabbando di carburante, alle sigarette, per finire agli esseri umani, da/per la Libia; data l’attuale situazione libica, tutto ciò è finito, con conseguenza il decadimento di questo posto. Fada è fatiscente e miserevole, come il mercato (donne in maggioranza) dove l’esposizione di quattro pomodori e due datteri secchi e duri, ti fanno capire il degrado di questo posto che assomiglia molto ai film francesi sugli avamposti della legione straniera. E’ frequente trovare nel deserto attrezzature militari abbandonate dai libici nella ritirate verso nord, dopo l’intervento dei francesi. Una volta partiti si passa attraverso una formazione rocciosa di uno splendore incredibile, che non solo ha nulla da invidiare alla Monument Valley americana, ma a mio avviso la supera !! peccato che siamo al tramonto e qui la sera arriva quasi immediata. Facciamo campo con il buio (piantare le tende, cucinare ecc..) una volta pagato il “passaggio di visita” e l’ennesimo insabbiamento. Cena: capelli d’angelo (simil colla, si attaccano al palato), patate di manioca. Risate e tutti nel sacco a pelo ! perché come già detto fa freddo.
19/11/2014 ARCHEI. Alzata alle 5.30 e partenza a piedi per la scalata del gruppo di rocce chiamate Archei, dove in una stretta gola (guelta) c’è l’acqua dove vanno ad abbeverarsi decine e decine di cammelli. Sono rimasti anche tre coccodrilli sahariani. Lo strappo è piuttosto arduo, faccio una fatica immane. Se non fosse stato per Laura-Alberto-Adolfo, che mi tendevano a turno la mano, non ce l’avrei fatta. Comunque ne vale la pena. Dall’alto si vedono decine di cammelli ad abbeverarsi, mandrie delle tribù Tebu e Bideyat. Le rocce (formazioni tassiliane arenacee) assumono forme stravaganti di pinnacoli, castelli e cattedrali lambite da sinuose lingue di sabbia. È uno spettacolo da non credere !!! Dopo pranzo visitiamo alcune grotte dove ci sono i graffiti, molto ben conservati (il clima è asciutto). Cena: agnello (duro a prova di dentiere). In tenda presto perché tira vento freddo e siamo stanchi.
20/11/2014 ARCHEI – BACHIKELE – TOKOU –TERKEI – KALAIT. Dopo colazione visitiamo altre grotte con graffiti. Queste grotte millenni fa erano i rifugi della popolazione locale. Proseguimento per l’imponente Arco di Aloba, il paesaggio è veramente stupendo in quest’area! “Il campo di elefante” (arco a forma di proboscide), torri, castelli, ecc. il tutto in un spazio enorme, dove l’erba a ciuffi fa sembrare il deserto il bush della savana. Dopo aver pranzato sotto un’enorme acacia e avvicinati dai bambini di qualche capanna lì vicino, con le loro poche cianfrusaglie, accompagnati dal capo villaggio, visitiamo la gola lì vicino. Mentre arriviamo escono decine di cammelli che erano andati a bere. Paesaggio incredibile, un contrasto delle palme verdissime con il rosso delle rocce. Si è fatto tardi, anche stasera facciamo campo con il buio, mangiamo il resto dell’agnello con gli spaghetti. Fa freddo, mi vesto e vado sotto il sacco a pelo.
21/11/2014 KALAIT. La destinazione è appunto Kalait ma dopo un’ora l’auto di Ibhraim buca, la riparazione richiede un’ora circa, dopo mezz’ora ribuca e dopo un po’ buca per la terza volta. A questo punto Usman ci fa sistemare tutti su due auto per cercare di arrivare a Kalait. Quando arriviamo sono le 13.30 circa, il villaggio (???!!!!) è qualcosa di imprecisato, difficile descriverlo, è un accumulo di casupole, tendoni, cose buttate un po’ dappertutto. Il tutto circondato da sabbia e polvere. Comunque ci riforniamo di carburante e viveri. Qui troviamo un gruppo di turisti tedeschi (gli unici incontrati). Dopo aver fatto con fatica qualche foto, per il motivo già spiegato, ripartiamo verso le 16.00 e dopo un’ora cerchiamo un bivacco per la notte. Cena: pomodori con cipolla e patate con formaggio (voleva essere purè).
22/11/2014 BILTINE – ABECHE. Partenza solita ora, percorrendo la pista verso sud, cioè verso N’Diamena, il territorio inizia a cambiare. Dal deserto si passa alla savana che diventa via via più rigogliosa col passare dei chilometri. Ci fermiamo a Bitente in una scuola; sembra nuova, molto spartana, molto africana. I bambini hanno una divisa scolastica (anche se modesta). Nell’ultima classe i bimbi intonano il loro inno nazionale. Tina ha delle penne, lasciate al Preside che ci ha autorizzato alla visita (lui stesso ci ha accompagnato per il giro delle classi). Arriviamo ad ABECHE, è la 4^ città più grande del Ciad e capoluogo delle regione di Ouaddai, fu un antico centro preislamico all’incrocio di strade carovaniere, per secoli è stata un fiorente mercato di schiavi. Oggi la città è conosciuta per l’importante mercato (polveroso) di cotone e di bestiame (ovini e cammelli). Non si può assolutamente fotografare. C’è l’ospedale e la scuola sino al liceo. Dimenticavo che nel frattempo abbiamo forato. Dopo il solito rifornimento di carburante e alimenti, partiamo alla ricerca del bivacco notturno. Non abbiamo dietro di noi la macchina del libico. Troviamo il bivacco ma non possiamo montare le tende, sono nella macchina del libico.
23/11/2014 MONGO verso N’DIAMENA. Mancano 900 km alla capitale, strada asfaltata. L’auto di Alibi (il libico) ci fa impazzire, ogni tot di km di ferma ! probabilmente è entrata sabbia nella pompa di gasolio. Arriviamo al villaggio Abtouyour, qui troviamo una nuova pompa di gasolio da sistemare nella macchina del libico restato indietro da solo 10 km prima. Nel frattempo visitiamo una chiesa cattolica del villaggio. Riusciamo ad avere tutte e tre le macchine e via verso Mongo, dove Ibraim ci lascerà per cercare un autobus veloce per la capitale, in quanto questa mattina è stato informato della morte di sua madre. Non ci siamo fatti mancare nulla.
24/11/2014 Arrivo a N’Diamena verso le 17.00 (Hotel Central) e dopo una lunga lunga doccia, andiamo al ristorante gestito da un francese. Mangiato bene, speso 20 €, poi con l’apprensione di Adolfo arriviamo subito in albergo: di notte i bianchi non devono circolare per N’Diamena, c’è grande rischio. Tutto bene e a letto (un vero letto finalmente). Domani abbiamo il rientro in Italia via Addis Abeba.
E’ stata una spedizione veramente favolosa, bellissimi paesaggi, villaggi di capanne fino alla capitale, un tuffo nel passato, qui in alcuni posti il tempo si è fermato. E’ un viaggio faticoso e per niente comodo, però è impagabile per la maestosità della natura e la dignità della gente.”
- Come ti è venuto in mente di andare proprio in Ciad?
- Per scommessa con la mia amica dell’Agenzia che ha organizzato il viaggio
- Per entrare in Ciad occorre il VISTO?
- Occorre il visto. E’ consigliabile prenderlo, inviando il passaporto con tre foto, presso il Consolato del Ciad a BERLINO (non a Parigi, il corriere francese ha perso il passaporto del mio amico spagnolo). Per entrare in Ciad ci vuole un “invito” da parte di un ciadiano, credo che in loco il visto non si possa prendere
- Ci sono vaccinazioni obbligatorie da fare? Ci sono zanzare?
- Obbligatorie nessuna, consigliate quella per la febbre gialla e la profilassi per la malaria. Le zanzare ci sono ma poche. Io mi sono premunita di zampironi e repellente che spruzzavo anche sulla tenda. Dopo alcuni giorni dal nostro rientro gli autisti hanno beccato la malaria, però dormivano all’aperto.
- Quale tipo di presa elettrica c’è in Ciad? Occorre l’adattatore?
- Presa elettrica normale, intendo stesse nostre spine. Durante la spedizione si caricava dalla batteria della macchina con un adattatore da 12 Volts fornito dal Tour Operator
- Nelle città dove avete fatto tappa c’è campo per i cellulari?
- nelle cittadine di Fada, Faya, Mongo e nella capitale N’Djamena c’è campo, ma a Fada non c’è rete
- Quale lingua si parla in Ciad?
- Francese, anche se ovviamente i locali parlano la loro lingua (arabo/ciadiano)
- Conoscevi già gli altri componenti del gruppo?
- Non conoscevo nessuno
- Ma quante Tina c’erano? Hai messo il nome due volte per errore?
- Nessun errore, entrambe si chiamano Giustina e si fanno chiamare Tina
- Cosa intendi per “nepotismo” parlando delle tribù?
- Questa è un’ottima domanda, probabilmente è la base dell’arretratezza del Ciad e di altri paesi dell’Africa. Queste popolazioni sono organizzate in tribù, spesso in lotta tra loro. Quando un capo tribù, o un appartenente a quella tribù, viene eletto in un posto governativo (vuoi parlamentare, vuoi militare, vuoi governatore della regione o qualcosa che si avvicini al nostro sindaco o comunque un politico) provvederà a trasferire tutti i benefici della sua carica prima ai componenti della sua famiglia e poi alla sua tribù, senza considerare l’interesse pubblico. Questo accade un po’ anche da noi sebbene in forma assai minore.. perciò ai vertici politico/militare ci sono persone assolutamente incompetenti.
- Se tu non avessi una macchina fotografica al collo, riusciresti ad interagire con la popolazione locale? Le loro donne non sono curiose?
- E’ difficile interagire con la popolazione locale, soprattutto nei villaggi. Non tutti parlano francese e le donne meno che mai. Pur essendo molto curiosi e con tanta voglia di comunicare c’è la difficoltà della lingua. L’inglese è conosciuto un po’, solo nella capitale. Il Ciad è uno dei paesi più poveri del mondo, nei villaggi non c’è televisione.
Grazie Vanda, per la tua testimonianza e per le foto!
Charlie