MALESIA – THAILANDIA, ISOLE TARUTAO
Periodo : dicembre – gennaio 2003
Durata : 16 giorni
Tipologia : fai da te
ITINERARIO
KUALA LUMPUR – TAMAN NEGARA – LANGKAWI – ISOLE TARUTAO E KO LIPE
Firenze 21 dicembre 2002
Il viaggio comincia quando ricevo l’sms di un’amica: “Tanti auguri di Buon Natale alla viaggiatrice più “protetta” del mondo.. co’ sti’ tre maschiacci!!!”
La formazione dei tigrotti della Malesia è
ENRICO (SUPER PICCIO) – SAMBIJONG
ENZO – RAGNO DI MARE
GP (Giampaolo) – BROKE
e la scrivente CHARLIE!- LA PERLA DI LABUAN
Andiamo a casa dei miei genitori a cui ho chiesto uno speciale regalo di Natale: una cena per i miei compagni di viaggio. C’è anche mia sorella e tutti assieme festeggiamo la partenza.
A casa di GP i tre uomini dormono assieme, io ho l’onore di dormire in una camera singola. Mi accingo a prendere sonno, quando comincia un concerto in DO maggiore.
È Enzo… ammazza come russa… Dopo cinque minuti è chiaro che non smetterà. Per fortuna ci sono due porte che ci separano e che mi appresto a chiudere ma… come faremo in viaggio?
22.12.2002 LUALA LUMPUR
Sveglia alle 6.30 belli pimpanti e pronti alla partenza.
Al check-in l’impiegata osserva scettica i nostri bagagli: solo uno zaino da 40 lt cadauno…
Il volo Malesyan Airlines atterra a KUALA LUMPUR alle otto di mattina.
Facciamo una cassa comune con circa 1500 RM (ringgit), l’equivalente di 400 usd/euro.
Usciamo dal KLIA (aeroporto di KL) e con un taxi partiamo per Kuala Lumpur (taxi 92,10 RM).
I costi segnalati sono per tutti e quattro o per alloggio.
Cambio all’epoca del viaggio
1 RM Ringit Malese = 0,26 Euro
1 Euro = 3.90 RM
Le camere dell’HOTEL WIRA sono piccole ma ok. Una doccia veloce e via alla scoperta di KL!
Fa un caldo pazzesco e c’è molta umidità. Non ci orientiamo un granché in ogni modo infiliamo dentro ad un mercato stupendo che vende frutta verdura pesce e carne. Ogni mucchietto è una misura, a parte i polli che sono bianchi o gialli (chissà con cosa sono tinti). Il pesce è magnifico. In certi punti l’odore è nauseabondo, ma tutto è affascinante e colorato. Poi passiamo attraverso un quartiere dalle case piccole di legno, vecchie e in stile coloniale.
Un accattone ubriaco comincia a seguirci stando particolarmente appiccicato a GP e anche se pare innocuo ci rende leggermente inquieti, ci segue per un intero isolato. Per seminarlo occorre un diversivo: entriamo dentro allo Sheraton. La scena è da film. Entra per primo GP. L’accattone entra velocissimamente a ruota. Nello stesso nanosecondo un impiegato indica a due guardie l’accattone che viene bloccato all’istante con un piede ancora fuori della porta. E così ce ne liberiamo. Riprendiamo la perlustrazione, ma io accuso moltissimo il caldo, ho i piedi a bollore e poi sono proprio stanca. Avviso i compagni che non mi sento per niente bene. E’ diventata calda anche l’acqua da bere. Sull’orlo del collasso trovo sollievo entrando negli uffici della Malesyan Airlines dove c’è l’aria condizionata, così riconfermo anche i nostri voli.
Le Petronas Towers sono imponenti, ma non abbiamo forze sufficienti per raggiungerle. Prendiamo un taxi per Little India dove andiamo a mangiare da Govinda’s. Mangiamo bene e spendiamo poco (12,50 RM). Poi con un altro taxi torniamo in albergo: la decisione è unanime, ci vuole un riposino! Dopo tre ore secche di sonno prendiamo la metro sopraelevata per andare a Chinatown. Abbiamo così una visione dall’alto della città con i suoi grattacieli.
Il mercato di Chinatown offre orologi, occhiali, borse e vestiti griffati a prezzi incredibili. Usciti dal caos del mercato attraversiamo una strada piena di ristorantini. Ce n’è uno curioso che ha dei tavoli sotto un ombrellone. Al centro del tavolo c’è una pentola dove bolle l’olio misto ad acqua e sale. Tutto il tavolo è ricoperto di spiedini di tante varietà e alla fine paghi solo quello che hai mangiato.
Questo posto ci piace, facciamo ancora un giro e poi ci si torna per cena. Gli spiedini sono di pesce, carne, verdure, funghi, uova di quaglia, tofu. In pratica è il sistema della fonduta, divertente e sfizioso. Da bere? Birra!
Ad un certo punto si scatena il diluvio universale e nel giro di pochi istanti ci sono venti cm d’acqua per terra.. con i nostri piedi immersi dentro.. E’ una situazione incredibile, ma noi non interrompiamo la nostra cena accettando la naturalezza dell’evento. Ogni tanto transita una macchina cosicché, essendo piazzati col tavolo in mezzo alla strada, riceviamo ondate d’acqua nei piedi. Per fortuna ho i sandali… ma gli altri hanno le scarpe da ginnastica!
Finita la cena raccogliamo gli stecchini degli spiedini e li consegniamo al proprietario del locale per farci fare il conto: 83,00 RM. Ne valevano veramente la pena soprattutto per la scenografia!
Soddisfatti c’incamminiamo verso le Petronas Towers per vederle di notte e da vicino.
Lungo la strada GP compra un paio di ciabatte infradito per togliersi le scarpe fradice dai piedi. Dopo un paio di km arriviamo sotto alle torri più alte del mondo! Sono spettacolari tutte illuminate!
Facciamo un po’ di foto, Enzo le filma, poi entriamo dentro. A quest’ora non si può salire fino al camminamento che le collega, però c’è un centro commerciale su più piani ancora aperto. Ci sediamo ai tavolini di un chiosco per un tè. Mentre gli uomini chiacchierano io aggiorno il diario.
A mezzanotte leviamo le tende anche perché stanno per chiudere, prendiamo un taxi e rientriamo in hotel. Con Enzo “dormo” io.
24.12.2002 JERANTUT – TAMAN NEGARA
Quando vado ad aprire la porta a GP ed Enrico che stanno bussando alla porta devo avere due zaini sotto agli occhi.. Confesso che intorno alle quattro ho pensato di chiedere loro di ospitarmi..
La colazione è da mille punti: Nasi Goreng (riso), fagioli, pancakes con maple, toasts, uova.. great!
Bagagli pronti. Prendiamo la monorotaia (4,80 RM) per raggiungere la stazione PUDURAJA.
Non sono affatto convinta. Sulla guida che ho letto e sui siti scaricati da internet si parla di un’unica stazione dalla quale partono i bus per KUALA TEMBELING. Ben due taxisti, però ieri ci hanno indicato questa.. Purtroppo avevo ragione, da questa stazione non ci si va.
Alla stazione di PEKELING, che nb era ad uno sputo dal nostro albergo, il bus è già partito.
Il prossimo è alle 11.30 che significa non prendere la coincidenza (barca per KUALA TAHAN).
Contrattiamo il prezzo di un taxi: 250,00 RM fino a JERANTUT (.. il bus ce ne costava solo 10,50 a testa!). D’altronde la frittata è fatta e stare due ore e mezza ad aspettare per non arrivare comunque a destinazione è stupido. Prendiamo il taxi. Verso mezzogiorno arriviamo a Jerantut.
Il taxista ci porta al SRI EMAS HOTEL dove il primo malese sveglio che abbiamo il piacere di incontrare ci dice come fare dove andare ecc. Mentre confabuliamo sul tipo di sistemazione, sulle escursioni che ci interessa prenotare, sugli orari e altro GP ordina il pranzo (riso e verdure saltate, 15 RM). Allora, per raggiungere il TAMAN NEGARA da Jerantut occorre prendere il minibus delle 13.30 (19,00 RM) che in circa mezz’ora ti porta all’imbarco da dove prendi la barca (4,00 RM) che parte alle 14,00 che in tre ore ti porta a Kuala Tahan, detto anche local village.
Noi pernotteremo al local village in due chalets che costano 90,0 RM a coppia. Questa notte Enzo se lo ascolta qualcun altro però eh!! Durante il tragitto sul minibus l’autista ci mostra gli alberi di caucciù chiamandoli alberi per profilattici! e quelli di cacao.
Ci sono anche foreste di palme dai cui frutti estraggono l’olio che utilizzano per cosmesi, cucina e per lubrificare i motori. Al molo il longtail è tutto nostro!
Arrivati sul jetty del Ristorante LBK ci viene dato il benvenuto da Ringo (ci mostra gli anelli), un tamarro locale che sciorina tutto il suo vocabolario italiano ottenendo l’esatto contrario di ciò che stiamo cercando. Non vogliamo sentirci turisti ma lui ci sta riuscendo.
Un paio d’assi di legno collegano la piattaforma galleggiante alla riva da cui partono delle scalette che portano agli EKOTON CHALETS. Sono piccole casette di legno, molto carine e semplici, complete di bagno, condizionatore e veranda. All’Ekoton dormirò con GP.
Ma che fanno gli altri? Perché non entrano nel loro alloggio? Si sono inavvertitamente tirati dietro la porta con le chiavi e tutta la loro roba dentro.. Ci improvvisiamo tutti scassinatori con carte di credito, lime, coltelli.. I vicini di casa sono un po’ perplessi. Niente da fare e non esiste la doppia chiave! Il padrone, o gestore, del complesso arriva con una canna da pesca! Apre le finestrelle, infila dentro la canna e zac! È fatta, le chiavi sono recuperate.
Sono circa le sei, che si fa? Andiamo a dare un’occhiata al villaggio.
Visto che è la vigilia di Natale e per tradizione porta bene mettere qualcosa di nuovo, indossiamo le splendide magliette che ci ha fatto fare GP. Davanti sono stampati i nostri nomi da “tigrotti malesi” e sul retro c’è la scritta “Charlie Tours” con tanto di logo! Praticamente in riva al fiume c’è una serie di ristoranti galleggianti e un minimarket dove non compriamo niente perché il gestore ci resta subito antipatico. Pi salendo su per una strada ci sono alcuni ostelli e chalets e un altro minimarket dove acquistiamo l’acqua e una scheda telefonica perché non c’è segnale per i cellulari.
Telefoniamo a casa poi attraversiamo il corso principale del villaggio dove c’è un’altra serie di ristoranti decisamente meno turistici. In tutti c’è il televisore acceso. Il cibo è contenuto in fagottini di carta o foglie di banana. Nel paese c’è la scuola, una clinica medica e un albergo in costruzione. Non c’è altro. Dall’altra parte del fiume c’è il MUTIARA, un bel resort.
Alle otto scendiamo all’LBK per cenare. Abbiamo il trek notturno fissato per le 21.30 ma sono un po’ lenti nel servizio e ci sta prendendo anche sonno. Quando arrivano i noodles sono le nove.
Che si fa? Mangiamo con l’imbuto per andare a camminare con il cibo sullo stomaco? Facciamolo domani il trek notturno così mangiamo con calma e andiamo a letto presto. No problem! Ringo, sempre più tamarro, fa un po’ di show ribadendo ripetutamente che basta chiedere e si può fare tutto. Ciao ciao buonanotte! e finalmente dopo due giorni dormo come un sasso. Speriamo che Piccio riesca a dormire..
25.12.2002 TAMAN NEGARA – CANOPY WALKING – BUKIT TERESEK
Mentre scendiamo all’LKB per la colazione mi viene in mente che è Natale..
Buon Natale!! Baci e abbracci e proseguiamo. Sono le 7,30 e all’LBK non c’è un’anima.. non ci sono neppure le assi di legni per salirci.. Avevamo fissato ieri sera perché volevamo partire presto, sì sì no problem..
Andiamo in paese. Non c’è alcun locale che può offrirci una colazione continentale. Ok, allora ci adattiamo. Breakfast con Nasi Lamek! (14 RM) In un fagottino di foglia di banana riso, pesciolini secchi e peperoncino! Buono piccante ed energetico! Da bere prendiamo un tè.
Partiamo per il nostro primo trekking nella giungla. Con la barca attraversiamo il fiume. Il Mutiara è un resort immenso. Oltre al nucleo principale ci sono molti chalets disseminati nel parco. Alla fine troviamo le indicazioni per il CANOPY WALKING.
Fa un caldo pazzesco, grondiamo già di sudore. Il Canopy si trova a 2,5 km dall’inizio del nostro percorso. Il sentiero è un po’ impervio ma non difficile. Giunti al Canopy Walking scopriamo che è troppo presto. Sono le nove e apre alle 11,00 (fino alle 14,00). L’entrata costa 5 RM.
Facciamo un giro lungo il fiume per ammazzare il tempo.
L’attraversamento della giungla camminando sulle passerelle sopraelevate a 50 mt d’altezza è un’emozione! Dobbiamo stare ad una distanza di sicurezza di almeno 5 mt l’uno dall’altro.
Così possiamo riprenderci con la cinepresa e scattarci le foto!
Impieghiamo una buona mezz’ora buona a percorrerlo e quando finisce ci dispiace come può dispiacere a un bambino che ha finito la corsa sulla giostra.
Proseguiamo il nostro trekking per fare un anello passando dal BUKIT TERESEK dove festeggiamo il Natale mangiando il panforte che ci siamo portati dall’italia.
Lungo la strada, per quel che è possibile, bisogna fare attenzione alle sanguisughe.
Documento fotograficamente il momento in cui per staccare la prima (di una lunga serie) dal braccio del Piccio utilizziamo il sale. La discesa è stata cruenta. Le sanguisughe si sono scatenate con particolare accanimento sulle caviglie di GP che ha infatti i calzini tutti insanguinati.
C’è del pantano dappertutto e in alcuni punti il passaggio sul sentiero reticolato dalle radici degli alberi non è facile. Speso troviamo delle apposite corde a cui possiamo aggrapparci. Magari domani ci portiamo i guanti. Piccio mi sta praticamente portando per mano, issandomi, tirandomi e guidandomi. Enzo è tutto tappato dal raffreddore ed ha pure male a un ginocchio. Non ne può più e forse domani fa passo. Anch’io non vedo l’ora di arrivare in fondo e alla fine ritroviamo il Mutiara dove ci concediamo una meritata Coca Cola.
Tornati sulla nostra sponda del fiume andiamo al villaggio a mangiare. Nasi Goreng, Nasi e qualcos’altro.. insomma ordiniamo quattro differenti Nasi (17 RM). Sono tutti buonissimi.
Poi rientriamo agli chalets per una doccia e un sonnellino.
Quelli dell’LBK ci stanno proprio antipatici perciò per cena torniamo al villaggio, ci è piaciuto molto. Troviamo un ristorantino dove fanno il Satay, cioè gli spiedini di carne cotti sulla brace da accompagnare con una salsa di arachidi. Quelli di pollo sono molto buoni.
Alle 21.30 andiamo all’LBK per il trekking notturno. Ci guiderà CRAZY MONKEY.
Crazy Monkey ci porta con la sua barca al Mutiara e ci conduce in un’area dove probabilmente alloggia il personale di servizio. Punta la pila e ci fa vedere un SAMBAR DEER (è un cervo) femmina col cucciolo che sta sotto una tettoia. Evidentemente sa che la sera va sempre lì. Poi ci fa vedere una cavalletta. Ok, tutto qui? Ci addentriamo lentamente nella foresta lungo il percorso che abbiamo fatto questa mattina. Osserviamo dei ragni, insetti stecco, due mantidi religiose, uno Slow Loris (bradipo), i funghetti fosforescenti. Tutto sommato il trek notturno non è un granché.
Per consolarci tornati agli chalets attacchiamo il torrone! In fin dei conti è Natale.
Io vengo divorata dalle zanzare perché la zanzariera che mi sono portata da casa è già distrutta.. ci ho pensato io nottetempo l’ennesima volta che mi sono alzata per andare in bagno.. ad un certo punto ho sentito uno STRAAAAAAAA, ups! una voragine..
Questa notte io e GP ospitiamo Super Piccio che la notte scorsa dalle tre in poi non ha chiuso occhio per il motivo ormai noto. A causa delle fameliche zanzare siamo costretti a tenere l’aria condizionata accesa.
26.12.2002 TAMAN NEGARA – TRENGGAN – KUALE TAHAN
Colazione al village con noodles e tè. Oggi Enzo non verrà con noi a camminare però ci accompagnerà con la barca (70 RM) fino al punto di partenza. Compriamo banane essiccate (tipo chips) e tre fagottini di chicken rice (1,50 RM l’uno). Indossiamo i vestiti sporchi di ieri e alle 9,30, orario convenuto, siamo all’LBK pronti per la partenza. La barca è una di quelle lunghe di legno. Enzo si mette davanti per fare le riprese, io sono seduta nel mezzo, Piccio e GP sono seduti dietro insieme. Risaliamo il fiume controcorrente attraversando qualche rapida. Questi barcaioli conoscono il fiume alla perfezione. Sanno esattamente in quale punto passare per non incagliarsi. La foresta pluviale è rigogliosa e sembra che ci abbracci invitandoci.
Incontriamo una comunità di ORANG ASLI, gli indigeni locali. Sono nomadi. Hanno costruito alcune capanne sulla riva del fiume. Domani torneremo a visitarli.
GP e Piccio sono completamente bagnati, io ed Enzo no. Ecco il TRENGGAN RESORT!
E’ stato costruito sulla sommità che sale da un’ansa del fiume. Giunti in cima alle scale godiamo la vista magnifica. Il resort è deserto, ancora chiuso. Sarebbe stato quindi impossibile, secondo i nostri piani originali, risalire a piedi il sentiero che costeggia il fiume, dormire qui e poi proseguire all’interno lungo il percorso che faremo oggi. Enzo filma la partenza: avanti tigrotti! Sono le 10,20.
Il primo pezzo è tranquillo a parte le zanzare e le sanguisughe di cui è pieno. Arriviamo ad un bivio. Ok, dobbiamo girare a sinistra (a destra si va a Gua Luas e ai Kuala Keniam e Perkai).
Oggi mi sento molto più sicura per cui riesco a camminare da sola. Le sanguisughe ci attaccano senza ritegno e dobbiamo spesso fermarci per togliercele controllandoci a vicenda.
Per ripararmi dall’attacco delle zanzare mi cospargo collo e braccia col fango: funziona.
Ci siamo solo noi su questo percorso, è una bella sensazione. I rumori della foresta sembrano amplificati. Ad un certo punto ci troviamo davanti un fiume e non si capisce dove prosegue il sentiero. Carta! Ok Capo! (Il Capo sono io).
E’ evidente che dobbiamo guadarlo. A confermare la supposizione infatti c’è anche una corda che collega le due sponde. Ci prepariamo al guado sentendoci Indiana Jones. L’acqua è bassa, arriva poco sopra al ginocchio: facile! Il transito nell’acqua ci allevia il dolore provocato dai morsi delle sanguisughe ed essendo fredda ci abbassa la temperatura, infatti da adesso in poi non patiremo più il caldo. Attraversiamo una zona della foresta più secca. Piccio ci fa segno di fermarci e fare silenzio: c’è un serpente blu elettrico, cangiante, bellissimo. Ha la lingua rossa.
Armeggiamo lentamente per tirare fuori le macchine fotografiche ma non facciamo in tempo, s ne è andato. Proseguiamo. Le scarpe sono intrise d’acqua e pesano. Le sanguisughe ci inseguono, sono terribili! Riescono ad infilarsi attraverso la trama delle scarpe e i calzini. Quando ti fermi per togliertele, perché oltre un certo punto fanno male, l’operazione non è facile benché oggi sia resa più agevole dai guanti che oggi abbiamo portato. Quando grazie al sale si staccano devi lanciarle lontano altrimenti ripartono maniacali subito all’attacco a tutta velocità. Sono un incubo.
Sento odore di animale. Infatti pochi metri più avanti ci sono delle cacche d’elefante. Che bello sarebbe incontrarlo! Mi buco una mano con no spino.. dolore!!!!!!!!
Dopo un po’ troviamo anche l’impronta dell’elefante ma dalla posizione dell’unghia capiamo che è diretto nella direzione opposta. Ci sentiamo sempre più soli nella foresta.
A me e anche a GP pare di sentire un grrrrrrrr che potrebbe essere il verso gutturale di una tigre. Sarà la fantasia? Abbiamo un pezzetto di panforte che dividiamo equamente a morsi. Non possiamo fermarci per tagliarlo. Perché?? Perché ci sono le sanguisughe!! Ormai abbiamo la psicosi.
Camminiamo, camminiamo. I guanti sono veramente utili. Spesso dobbiamo appoggiarci ai tronchi, aggrapparci ad alberi o rocce sporgenti. Troviamo un segnale. Abbiamo percorso solo 4,5 km!
Sembra di averne fatti il doppio! E ce ne mancano ancora 8,5! Andiamo avanti.
Troviamo un rigagnolo d’acqua dove sembra non ci siano sanguisughe. Ok è il posto adatto per fermarci e mangiare. Tiriamo fuori dagli zaini i nostri fagottini col riso. A parte c’è una busta che contiene un pezzo di pollo e un brodo piccante. Comincia a piovere. Evvai!
Improvvisiamo una tettoia con la mantella del Piccio, sotto la quale fa un caldo esagerato, e mangiamo velocemente, con le mani. Riprendiamo il cammino sotto la pioggia. Gli alberi ci riparano molto dall’acqua ma il sentiero, via via che andiamo avanti, è sempre più un pantano e zeppo delle perfide sanguisughe sempre pronte in agguato. Procediamo in silenzio, a passo spedito. Piccio è allenato, GP ed io no però siamo bravi. Ogni tanto ci passiamo la boccia dell’acqua dentro alla quale abbiamo sciolto Sali minerali. Avanti, avanti ancora.
Alberi dal fusto altissimo catturano la nostra attenzione per pochi secondi, non possiamo distrarci, non possiamo distogliere lo sguardo dal sentiero, dobbiamo fare attenzione a dove mettiamo i piedi.
C’è un’indicazione: mancano ancora 4,5 km fino a Kuala Tahan!
Ne abbiamo fatti 8,5: aumentano? I nostri piedi sono distrutti, bagnati da ore e divorati dalle sanguisughe di cui stiamo sicuramente portando a spasso un’intera famiglia!
Ci fermiamo per staccarle col sale solo ogni tanto quando sentiamo che ce n’è una veramente grossa e piena di sangue che fa male. I nostri calzini sono uno spettacolo pietoso. Dalle scarpe di GP e Piccio invece che acqua esce sangue. Io mi salvo un po’ più degli altri perché mi sono fabbricata delle specie di ghette con dei calzettoni pesanti che ho tagliato.
Avanti, sempre avanti. Siamo fieri, anche per aver sempre trovato il sentiero giusto, i pochi cartelli incontrati lo confermano. Ancora due km, gli ultimi. Piccio ha un polso insanguinato. I piedi sono zavorrati da acqua fango e sanguisughe. I pantaloni fradici rendono pesanti le gambe.
Dai, coraggio, un ultimo sforzo, manca poco.
Durante l’ultimo tratto facciamo fuori anche le banane essiccate per un’ultima sferzata d’energia.
Quando finalmente entriamo nel Mutiara Resort, pieni di fango e di sangue, bagnati, luridi e stanchi, i villeggianti ci guardano schifati e passano oltre senza salutarci. Sono le 17.30.
Prendiamo la barca (1,50 RM) attraversiamo il fiume e scendiamo all’LBK stravolti.
Ringo ormai non ce lo filiamo più manco de pezza! Oltrepassata la passerella di legno ci sediamo sui sassi a lato del fiume per esaminare la situazione dei nostri piedi. Le sanguisughe ce le abbiamo tutti e tre, col sale però si staccano subito. GP e Piccio sono proprio devastati. Io devo averne avuta una sulla pancia sopra l’ombelico. Ho una chiosa di sangue, sembra che mi abbiano sparato!
GP ne ha beccata una sulla schiena. Un ragazzo italiano incuriosito ci guarda e ci fotografa.
Consiglio post esperienza: per affrontare il Taman Negara è fondamentale portarsi del sale, sarebbero utili anche le ghette e il silicone spray.
Rientriamo agli chalets per farci una doccia e medicarci. Enzo ci fa da infermiere con mercurio cromo e cicatrene. La mia mano, dove mi sono punta con la spina, è gonfia e bollente.
Per cena meritiamo un premio: andremo al Mutiara.
Nei limiti del possibile ci vestiamo un po’ più eleganti. Piccio indossa dei calzini neri per non far vedere il sangue che continua a buttare (colpa dell’anticoagulante che iniettano le sanguisughe).
La cena è buona e ci fa un certo effetto essere serviti e riveriti. Beviamo birra Tiger e ci prendiamo pure il gelato! Il Mutiara è bello, ma ci piace decisamente di più essere alloggiati vicino al villaggio. Questo posto sembra finto. Piccio dormirà da noi anche questa notte. Sogno quasi subito appena toccato il letto. Sogno di scivolare sul fango. Nel farlo muovo con uno scatto le gambe nel letto e mi sveglio. Buonanotte tigrotti, siamo stati grandi.
27.12.2002 TAMAN NEGARA – VILLAGGIO ORANG ASLI
Dopo l’epopea di ieri dedichiamo questa giornata al relax.
Non è stata puntata la sveglia, facciamo colazione all’LBK con scrambled eggs (17,80 RM) , facciamo una passeggiata, pranziamo dalla solita ragazzina del Satay, ci concediamo un dolce far niente sotto la veranda da dove sto scrivendo in questo momento.
Verso alle quattro andiamo al market poi scendiamo all’LBK per prendere la barca e andiamo a far visita agli ORANG ASLI. Risaliamo lo stesso braccio di fiume che ci ha condotto al Trenggan. Sugli alberi ci sono le scimmie. Incrociamo un gruppo di turisti che stanno scendendo le rapide nelle camere d’aria di camion. Passiamo il Nusa Camp dove c’è movimento e arriviamo al campo nomade tutti bagnati. Ci sono quattro capanne: due centrali poste una di fronte all’altra sullo spiazzo principale e due distaccate. Una delle quattro è costruita particolarmente bene e rivestita con foglie di palma. Il nostro barcaiolo ci presenta al Capo villaggio che sta intagliando dei dardi con un coltellaccio e ci racconta la storia di questa tribù. Questi sono Betek (ce n’è un altro tipo, ma non ricordo il nome), non hanno la tv, vanno a caccia con le cerbottane e i dardi impregnati di veleno e sono nomadi perché dopo un po’ non trovano più cibo (banane, tuberi) oppure quando muore qualcuno. In questo caso costruiscono una piattaforma su un albero dove appoggiano il corpo del defunto che ricoprono con frasche per non renderlo visibile.
Altra cosa interessante è il matrimonio. Gli Orang Asli si sposano tra loro ma dvono appartenere allo stesso tipo di tribù. Il matrimonio è valido solo dopo che la coppia ha passato l’intera nottata chiusa dentro ad una capanna senza mai uscire. In questo caso il giorno dopo c’è un grande festeggiamento a cui partecipano anche le tribù dislocate altrimenti il matrimonio è nullo.
Per cacciare usano la cerbottana che costruiscono con canne di bambù.
Passo la penna al Piccio per un’appropriata descrizione tecnica.
“Eccomi a voi. La cerbottana è composta principalmente da due elementi: una canna interna dal diametro di circa 6-8 mm e da una canna esterna di diametro maggiore con funzione di irrigidimento. I due pezzi sono sfilabili. Dove si mette la bocca per soffiare viene messa una palla di caucciù con funzione di bocchino a tenuta d’aria. Il dardo (lungo 18 cm) è formato da un tamponcino di legno di balsa e da una parte a “stecchino” di legno di palma. Questa è la parte appuntita. Una volta inserito il dardo nella cerbottana si mette uno stoppino di cotone grezzo per aumentare la pressione del soffio. Loro arrivano fino a 40 mt di distanza.
Dimenticavo: la cerbottana è lunga circa 1,5 mt. Ciao a chi legge. Ripasso il tutto al nostro Capo!”
“TRIMAKASI! “ Grazie al nostro esperto della logistica che anche questa volta non si è smentito.
Gli Orang Asli hanno un aspetto primitivo, molto diverso da quello dei malesi. Hanno il naso largo, i capelli ricci, sono un po’ negroidi. Il Capo villaggio ci invita a tirare con la cerbottana e a questo punto chiediamo il permesso di fare fotografie. Permesso accordato? Allora scateniamoci!
Fotografo i tre uomini della tribù italiana mentre tirano al bersaglio con la cerbottana, i bambini Orang Asli che girellano con gli ombrelli, quelli che guardano con occhi sgranati il filmino nella telecamera digitale di Enzo. Poi chiediamo di poter acquistare i pettini fatti con pezzi di bambù che portano tra i capelli. Sono molto belli. Costano 10 RM a parte quello piccolo (5 RM) che ha in testa il Capo villaggio e che compro io (da Capo a Capo..).
Poi il Capo villaggio ci regala un dardo ciascuno, esattamente quelli che stava modellando, mentre il barcaiolo ci raccontava la loro storia. Siamo senza parole. Stiamo anche bene qui e volendo ci potremmo accampare qui con loro.. Mentre sogniamo ad occhi aperti arriva una barca di giapponesi che invadono il campo alla velocità della luce. Non sono interessati a conoscere loro, la loro storia, si mettono subito a tirare con la cerbottana senza neanche sapere come viene costruita..
Scappiamo? Ok, O’ UILA’! Ciaoooo!
Questa sera torniamo a cena al local village dove mangiamo quattro MEE differenti (Mee = noodles). Sono tutti buoni e quello col granchio è speciale (16 RM). Il locale è affollatissimo perché avendo il satellitare la tv trasmette una partita di calcio. A noi piace molto essere gli unici stranieri nei loro locali. I turisti sono tutti giù sulle zattere. Non sanno cosa si perdono!
E dopo cena grande festa pralinata con i cioccolatini portati da Enzo!
28.12.2002 TAMAN NEGARA – KUALA LUMPUR – LANGKAWI
Colazione con riso e pascetti (8 RM) , sicuramente la nostra preferita, di cui compriamo anche 4 cartocci per il pranzo a sacco. Ore 9,00 all’LBK. Ore 9,20 imbarco – arrivo alle 11.30 al molo.
C’è il solito bussino per Jerantut, ma contrattiamo con un taxista che per 140 RM ci porta direttamente per Kuala Lumpur. Il nostro autista è molto professionale ed elegante e ci sembra onesto considerato il prezzo che ha chiesto. Gli domandiamo se è disponibile per portarci all’aeroporto stasera. Ci spiega che ha una licenza che gli permette di trasportare passeggeri da città a città, ma non all’interno. Gli chiediamo se sa dove possiamo lasciare i bagagli in deposito. Si dice disponibile anche a tenere in custodia i nostri bagagli tanto dovrà aspettarci per portarci al Klia. Attimo di terrore.
Che si fa? Ci fidiamo? Contrattiamo un prezzo di 20 RM totali e che Dio ce la mandi buona.
Ci facciamo lasciare vicino alla moschea Masid Jamè. All’entrata ci forniscono una veste che fa un caldo tremendo. Possiamo girare solo intorno, non possiamo entrare dentro la Moschea.
La visita quindi non è un granché, però è interessante vedere che in questo posto i fedeli vengono per rilassarsi oltre che per pregare. Tanti, infatti, sono sdraiati sotto i portici e c’è chi si è portato pure il termos del tè. Usciamo liberandoci delle bollenti tuniche.
Andiamo al Palazzo del Sultano Samad. Sembra tutto chiuso. Infatti lo è. Aperto c’è solo il Museo di Storia che è gratuito. Qui fa un gran freddo perché c’è l’aria condizionata e teschi foto e pietre non ci dicono molto. I KRIS invece suscitano la nostra ammirazione. Sono i famosi coltelli malesi con la lama ondulata. Ce l’aveva anche Sandokan. La ferita procurata dal loro taglio non si rimargina. Usciamo dal museo e c’è la botta di caldo umido della temperatura esterna.
Andiamo al supermercato per portarci qualcosa da mangiare a Tarutao: fagioli in scatola, tonno, pan carrè formaggini biscotti frutta secca. Preleviamo anche un po’ di soldi poi andiamo al mercato centrale. C’è un groviglio di bancarelle, non si tira il fiato dal caldo umido. Enrico e Gp si comprano una camicia di CK, Enzo un orologio Guess per sua moglie.
Ceniamo a Chinatown con gamberoni granchio e verdure saltate spendendo 157 RM totali. Facciamo fuori tutto con voracità, come se non mangiassimo da giorni.
Ora viene il momento della verità: il taxista sarà alla stazione Puduraya, 2nd floor come convenuto e con i nostri bagagli o siamo rimasti in mutande? Per sicurezza abbiamo preso il suo numero di taxi, il suo cellulare, il nome e non l’abbiamo pagato, però un po’ di strizza ce l’abbiamo.
C’è, è al parcheggio dei taxisti. Apriamo subito il bagagliaio con la scusa di depositare la spesa. Ci sono, i bagagli sono ancora lì. Ok, via all’aeroporto! Ai domestic flights facciamo check-in poi preleviamo nuovamente, questa volta sia Ringgit malesi che Bath Tailandesi.
L’aereo per Langkawi è mezzo vuoto. Il volo dura solo 45 minuti.
A Langkawi troviamo un pulmino ad attenderci. In un quarto d’ora arriviamo al CENTRAL LANGKAWI HOTEL dove abbiamo prenotato dall’Italia l’unica sistemazione rimasta disponibile: una quadrupla. La camera è enorme, con due letti matrimoniali. Le nostre scarpe puzzano di marcio, meglio metterle sul terrazzo. Per fortuna siamo cotti così prendiamo sonno subito.
29.12.2002 LANGKAWI (Malesia) – SATUN (Thailandia) – PAK BARA – KO TARUTAO
La colazione dell’albergo è senza infamia e senza lode. Ci incamminiamo verso il jetty finché non becchiamo un taxi. Facciamo i biglietti (19,00 RM cad) e ci controllano il passaporto.
Il primo ferry parte alle 9,30 ma un usciere davanti alla dogana ci dice che prima delle 10,20 non aprono. Così ci tocca prendere il ferry delle 10,45! Sfruttiamo il tempo per andare all’ufficio turistico a prenotare un hotel per il 5 gennaio, giorno in cui torneremo qui a Langkawi.
Una ragazza ci fa vedere un album con le fotografie degli hotel ordinati per prezzo. Troviamo un hotel modesto ed economico (70 RM) sul mare vicino all’aeroporto. Quando raggiungiamo Enzo ed Enrico sono solo le 9,40 e la dogana, aperta, sta facendo passare un sacco di gente.
E’ un charter per Tarutao ci dicono, noi non possiamo passare. Non sono per niente convinta.
Entro e vado a parlare col doganiere ma è troppo tardi, abbiamo perso il ferry. E’ inutile arrabbiarsi ma strangolerei volentieri qualcuno.. Aspettiamo il battello delle 10.45.
Alle 10.20 riapre la dogana, ci timbrano il passaporto e ci avviamo sul molo. Sulla barca stanno caricando tantissima roba, poi ci fanno salire e prendere posto dove vogliamo. C’è la tv sintonizzata su videomusic. Entra gente, le borse vengono accatastate una sull’altra. Ma quando si parte?
Dopo dieci minuti ci viene detto che dobbiamo cambiare barca. Ritrasborda tutto! Gente, bagagli, bagagli, gente. Riprendiamo posto in pole position. Anche su questa barca c’è la tv, ma trasmette una specie di karaoke di un cantante locale. Parte la barca e parte anche il video: un intera raccolta di questo cantante le cui melodie sono assolutamente tutte identiche e anche i video con donne piangenti , il cantante e protagonista infelice, un altro lui che fa soffrire lei.. che lagna..
Tra un piagnisteo e l’altro arriviamo a SATUN: ebbene sì, siamo in THAILANDIA!
Facciamo nuovamente dogana e poi compriamo il biglietto per PAK BARA (16 Bath).
Eh già, da Thammalang non partono barche. Montiamo sul retro di un Pick Up Isuzu dove sono sistemate delle panche, però c’è la tettoia! Bellissimo..
Non so quanti km ci siano tra Satun e Pak Bara ma impieghiamo circa un’oretta e mezzo, interrotta solo da una breve sosta presso una casa dove ci compriamo due brochettes a testa con seppioline fritte in crosta davvero appetitose! A Pak Bara c’è movimento perché c’è il mercato, la gara di pesca più tutta la normale attività del porto e dei suoi coloratissimi pescherecci.
Per prima cosa andiamo a mangiare. Un buon risino per ciascuno e già che ci siamo ce ne facciamo fare 4 take-away per la cena di stasera. Il nostro punto d’appoggio è l’ufficio della Andaman Sea Tours dove c’è una ragazzina molto carina che ci lascia depositare i bagagli sul retro.
Andiamo subito al molo a fare il biglietto Tarutao – Lipe (abbiamo già il Pak Bara -Tarutao ) + bigliettiamo il ritorno Lipe – Pak Bara con lo speed boat che impiega un’ora anziché quattro per il trasferimento. Poi controlliamo da dove partirà la barca e chiediamo notizie su Tarutao all’Uff. Informazioni. E’ fully booked, ci dice. Ma almeno le tende le troveremo disponibili da affittare? Qui non sanno niente. Si starà a vedere.
Penso che abbiamo fatto bene a comprare un minimo di provviste. Ci incamminiamo lungo il “corso” dove ci sono le bancarelle del mercato. Troviamo un gruppo di bambini bellissimi e ci scateniamo in fotografie. Poi andiamo a comprare l’acqua, recuperiamo i bagagli e andiamo a imbarcarci. Trattasi di bagnarola con posti a sedere sopra e sotto. I posti sono semplici sedie di plastica, non fissate intendo. Attendiamo il nostro turno e purtroppo siamo fra gli ultimi, quindi ci ritroviamo in fondo. La barca è strapiena di gente e bagagli.. mah.. io sognavo un’isola deserta..
Nel porto ci sono un sacco di pescherecci veramente folcloristici. La barca comincia a fare qualche manovra poi spenge il motore. Che c’è? Dobbiamo trasbordarci su altra barca. Allora è un vizio!
Riborda giù bagagli, gente, un casino.. Le seggiole non bastano, i portiamo via quelle della bagnarola (previa richiesta ovviamente) e così diamo il via alla migrazione delle sedie!
Ci sistemiamo dove ci sono gli aeratori dei motori: che caldo..
Si muove! Evviva si parte! Mooolto piano ma si parte. Dopo un po’ il battello si ferma: e adesso?
Sta arrivando un’altra barca. Dobbiamo trasbordarci ancora?? Forse siamo troppi..
L’altra barca ci affianca. Ma è la prima su cui eravamo saliti! Scendono quattro persone: turisti ritardatari? Alcune persone che sono sulla nostra barca passano invece sull’altra. Solo per curiosità proviamo a chiedere il perché ma questi tailandesi non parlano una parola d’inglese.
Finalmente si riparte e alla fine sbarchiamo sull’isola dei miei recenti sogni: TARUTAO.
Paghiamo la tassa d’ingresso (800 Bath) e montiamo sulla sala di un camion (120 Bath) per andare ad AO SON, l’unico posto dove c’è disponibilità per dormire per le prossime due notti.
Il Camp è situato lungo la spiaggia lunga 3 km ed è composto da un nucleo centrale delle guardie forestali, dette “Rangers”, tre tronconi che collegano le due sponde del fiumiciattolo, detti “Tronchi”, due gazebo dove i turisti locali si accampano in 30/40, cucinano, dormono, vivono, senza denominazione, un gruppo di tavoli di legno con panche, detti “Tavoli”, due bungalows detti “Bungalows” ma senza interesse per noi, una bungalow-tent (200 Bath x 2 notti) detta “Capannina” dove hanno dormito Enzo e GP, il fiume detto “Fiume” dove ci siamo fatti il bagno con le donne e i bambini locali per lavarci con tanto di sapone e vestiti e le tende (150 Bath x due notti), dette “Tende”, site sulla spiaggia in una delle quali abbiamo dormito io ed Enrico. Ultimi ma pur degni di nota i bagni, con cesso alla turca e vasca con acqua e piccolo catino per sciacquone e bidet.
Molliamo i bagagli negli alloggi e ci ritroviamo ad un tavolo per l’aperitivo: birra Singha.
Non abbiamo voglia di mangiare. Chiediamo a quattro ragazzi Thai se possiamo sederci con loro.
Sono molto contenti ed ospitali. Ci offrono pesce secco caramellato e vanno pure a comprare le birre. Uno suona la chitarra e con gli altri ci canta canzoni tailandesi. GP è andato a farsi una passeggiata solitaria sulla spiaggia. La chitarra viene passata anche al Piccio che suona qualche pezzo (Led Zeppelin, Steve Grossman). Questi ragazzi hanno circa trent’anni, ma sembrano giovanissimi. Ci fa senso apprendere che sono quattro insegnanti: due di architettura, uno di meccanica e l’altro di scienze. Impensabile.
Quando GP torna la scusa è buona per congedarci e augurare buonanotte. Io ed Enrico stendiamo i sacchi a pelo nella tenda e sistemiamo ai lati zaini e borse. Il terreno è duro e pieno di gobbe. Lasciamo le “porte” della tenda aperte per poter vedere il mare e chiudiamo solo la zanzariera. All’orizzonte si scorgono le lampade di posizione dei pescherecci. Ci rigiriamo per un po’ per trovare la posizione (anti-gobba) infine prendiamo sonno. Ad una certa ora si alza un vento fortissimo, tant’è che ci sveglia, a cui segue una pioggia torrenziale fino a mattino. Chiudiamo la tenda completamente ma l’acqua passa ugualmente attraverso le piccole zanzariere laterali. I miei pantaloni militari sono completamente inzuppati. Piccio devolve una delle sue magliette alla causa utilizzandola come Mocio per prosciugare le pozze d’acqua. Risistemiamo i bagagli nei punti più asciutti e ci rimettiamo a dormire.
30.12.2002 KO TARUTAO, AO SON
Colazione con tè e i deliziosi biscottini al pineapple comprati al Central Market di KL. Li offriamo ai quattro insegnanti per ricambiare la cortesia della serata passata.
La roba nelle tende è completamente fradicia, pazienza.
Andiamo a fare una passeggiata? Qui vicino ci sono le cascate Lu Du e il sentiero è molto facile e senza sanguisughe!! Dopo l’esperienza vissuta al Taman Negara comunque ci risulta impossibile staccare gli occhi dal terreno per controllare. Lungo il cammino ci sono un paio di guadi su tronco che Enzo non manca di riprendere con la telecamera. Arriviamo ad una piscina naturale e a causa della pioggia notturna non si riesce a capire dove prosegue il sentiero.
Piccio va in avanscoperta e sta via una buona mezz’ora. Torna sudato e soddisfatto ma dice che non è il caso di proseguire. Visto che siamo alla piscina facciamo il bagno! Che goduria!
Al Camp non ci sono le docce e noi siamo appiccicosi e puzzolenti perciò sapone alla mano ci laviamo proprio! anche le mutande… Puliti e rigenerati torniamo lentamente al campo.
Sono le 13.30 circa per cui potremmo anche pranzare. Sarà ancora buono il risino con i fried vegetables? Insomma… il riso è diventato colloso, le verdure si sono ammosciate e in generale è leggermente acido. Enzo ne assaggia una cucchiaiata, fa una smorfia e dichiara che non gli piace.
Prende pan carrè e formaggini e si mangia quelli. Noi fra un po’ “razzoleremo nell’immondizia” dice Piccio mangiando il riso. A metà contenitore smetto anch’io. Effettivamente fa un po’ schifo.
Ci sta venendo l’abbiocco… Considerato che in questo posto non c’è nulla che puoi fare la sera e che andremo quindi per forza a letto presto, pur avendo tanta voglia di fare un pisolino, resistiamo e andiamo a fare una meravigliosa passeggiata sulla lunga spiaggia selvaggia. La sabbia è particolare: se strusci i piedi “suona”. E’ una passeggiata veramente rilassante e quando arriviamo all’estremità della spiaggia, sempre e ovviamente in mutande, ci facciamo un bel bagno.
Tornando indietro raccogliamo diversi endoscheletri di riccio. Soddisfatti ci sediamo al tavolo dove aggiorno il diario. Enzo va a farsi la doccia. Ma quale? Dopo un po’ torna raccontandoci che è andato al fiume con i locali. Loro si lavano tutti lì, c’è una pozza.
Con Piccio e Gp ci guardiamo un attimo di secondo negli occhi poi andiamo a prendere asciugamano e saponi. La scena del bagno al fiume è come quella ritratta tante volte dagli impressionisti francesi. Me ne viene in mente una celebre di Cezanne.
E’ un’immagine che non abbiamo fotografato ma che resterà impressa nei nostri ricordi. A noi tre è toccato il turno di donne e bambini. Sedute sui sassi si lavano i capelli, il corpo e i vestiti che hanno indosso col sapone. Sono sorridenti e i loro sorrisi sono rivolti anche a noi. Sono probabilmente compiaciute del nostro adattamento al loro modo di vivere. I sorrisi sono reciproci e spesso rinnovati. E’ una situazione talmente idilliaca che non verremmo più via.
La cena è molto in stile far west: mitica: tonno e fagioli e birra. Regaliamo la scatola di tonno che ci avanza al ranger e pure l’apriscatole che non ci servirà più. Verso le nove si alza il vento, fortissimo, perciò ci precipitiamo nelle tende e andiamo a dormire. Verso le quattro e mezza mi sveglio e osservo il cielo limpido e stellato. Rimango un po’ sveglia a guardare le stelle, enormi e luminosissime, poi mi riaddormento.
31.12.2002 KO TARUTAO, AO TALOW WOW e AO PANTE – KO LIPE
Al suono della sveglia non riesco a reagire. No… ho ancora sonno… Ma dobbiamo partire!
Su, coraggio, alziamoci. Tempo 10 minuti e il Piccio mi fa: scusa, ma avevi modificato l’ora della sveglia quando siamo arrivati in Thailandia? Argh! sono le 6,00… non le 7,00!!
Per colazione finiamo il pan carrè che è tutto accartocciato e le marmellatine dell’hotel Wira.
Enzo si fa fare delle uova. Regalo i miei mitici pantaloni militari al Ranger perché sono ancora fradici. Per le otto siamo prontissimi. Aspettiamo un po’ poi arriva il truck. Saliamo sopra. Siamo in tanti. Enzo si piazza davanti per fare le riprese, noi tre siamo in fondo in piedi aggrappati allo schienale degli ultimi sedili. E’ divertentissimo girare l’isola sul camion.
C’è anche un piacevole fuori programma: questo camion non va diretto ad Ao Pante.
Prima passa da Ao Talow Wow, una delle due località dove c’erano i prigionieri tra il 1939 e il 1947. Qui c’era la colonia penale per i prigionieri civili, più a sud era quella per i prigionieri politici. L’altro lato dell’isola, dove c’è Ao Talow Wow, è molto diverso. Ci sono le mangrovie a pelo dell’acqua che è più verde e degli isolotti. La vista è magnifica. Come base per dormire però è sicuramente meglio Ao Son.
Il truck ripartirà fra un paio d’ore perciò facciamo due passi lungo il molo che affianca il faraglione poi andiamo a vedere la colonia penale. Passiamo davanti ad una cella punitiva poi arriviamo alla prima baracca quando, tanto per cambiare, comincia a piovere. La pioggia viene giù talmente forte che non è il caso di proseguire. Io mi metto una grande foglia sulla testa ma il resto si bagna.
Per la cronaca sto indossando il sarong del Piccio perché sono rimasta con un solo pantalone.
Tornati alla base dei rangers dove c’è un baracchino dove fanno da mangiare perché non approfittarne e farci il solito fried rice with vegetables? Mmmmh.. in ogni posto lo fanno diverso ma sempre buono! (160 Bath). Giusto il tempo di mangiarlo e ripartiamo.
Che bella deviazione abbiamo fatto e siamo ancor più contenti di non aver trovato posto per dormire ad Ao Pante. Ciao Ko Tarutao, ci sei piaciuta!
Ad Ao Pante c’è un gran fermento. Barchette che caricano e scaricano gente, gente che arriva, gente in attesa di partire. Il camp è grande, attrezzato e sterile. Il nostro era senza dubbio migliore.
Andiamo dal ranger per chiedergli se è possibile acquistare lo stemma di tessuto che ha cucito sulla manica della camicia. Ci fa segno di chiedere laggiù. Ok andiamo. Lasciamo Enzo a guardia dei bagagli e andiamo in missione. Nella bottega non ce l’hanno ma il Piccio trova il tipico pantalone thai e se lo compra per 100 bath (2,50 €!). Chiediamo ad un altro ranger che passa la parola ad un collega e ci dice di attendere. Dopo poco arriva una collega con un sacchetto pieno di stemmi e mostrine. Compriamo 4 stemmi, uno per uno al prezzo di 40 bath l’uno. La ranger poi porta il sacchetto all’ingresso del parco: abbiamo creato un business!
Restiamo poi in attesa del nostro turno per imbarcarci per Ko Lipe.
C’è il mare agitato oggi e le grosse barche non attraccano. Sicché i motoscafi fanno anda e rianda con piccoli gruppi. C’è una comitiva di thailandesi, forse perché distinguerli, organizzatissimi.
Hanno un set per il pranzo tutti uguale. E’ a questo punto che Enzo scorge, appoggiato sul ramo di un albero, il K-way nero/arancione di AnM sicuramente di Patrizio Rimassa. E’ il suo di sicuro – afferma – me lo ricordo benissimo perché l’ho ripreso in un filmino. Poi cede alla voglia di accertarsene e va all’albero per prenderlo. Torna trionfante mostrandoci una carta d’imbarco riportante effettivamente il suo nome che ha trovato in una delle tasche. Che vi avevo detto!
Il feticcio ora è suo.
E’ giunto il nostro turno per l’imbarco. Come ho già detto prima bisogna prendere il motoscafo.
I marinai sono veramente luridi e puzzolenti. Per fortuna il tragitto è breve anche perché prendono tutte le onde alte facendoci fare dei salti da scapicollarci. Non è da meno il trasferimento sull’altra barca. Con il motoscafo che fa l’altalena ci fanno salire da una finestra, della serie se becco il momento sbagliato mi spacco la schiena. Riusciamo a salire tutti e quattro indenni.
La barca è piena di turisti europei, italiani per la maggior parte. E’ finita la vacanza selvaggia!
Per questo volevo venirci due anni fa, ormai è una destinazione scoperta dal turismo. Anyway! Dopo non molto mi viene il mal di mare. Mi metto seduta buona, cerco di non pensarci e respiro profondamente. Quando il traghetto rallenta e fa una sosta a Ko Khai mi rendo conto di essere solo a metà strada. Non ce la farò mai senza vomitare.. E’ a questo punto che i tigrotti si rendono conto della situazione del loro Capo e si attivano immediatamente: Enzo ha un Travelgum e me lo da subito, GP mi porta di sopra dove posso prendere aria e mi taglia un po’ di zenzero. Evviva! Ce n’era ancora! E’ fenomenale per il mal di mare. Mi riprendo velocemente mentre il nostro Capo della Logistica (Enrico) resta di guardia ai bagagli.
Di Ko Khai ho visto veramente poco…una spiaggia bianchissima, acqua verde, una roccia fatta ad arco. Enzo si è pure tuffato per un bagnetto.
Dopo un’altra ora giungiamo finalmente a Ko Lipe. Anche qui c’è da fare un trasbordo e di conseguenza il caos. Vogliono tutti scendere, ma di che hanno paura? Avoglia te a barche..
Lasciamo sfollare gli esagitati. Una barca va a Ko Lipe, l’altra a Ko Adang che è di fronte.
Dopo poco arriva un’altra barca, la Shark 1, su cui saliamo comodamente solo noi quattro (120 Bath). La barca circumnaviga l’isola perché il nostro resort è sulla spiaggia che si chiama Pattaya e che è sull’altro lato. Come mi aspettavo la nostra spiaggia è molto più bella. Lunga bianchissima e il resort è sotto le palme. Ci dicono che non c’è posto. Ma come, abbiamo prenotato..
Mi sorge un dubbio perciò dico la parola magica: Stefano.
Ahha .. Stefano, ci fanno segno di andare in fondo a sinistra. Il resort si chiama esattamente PATTAYA SEAFOOD. Anche qui ci dicono che non c’è posto. Aridagli! Dov’è Stefano?
Steven? Sì, Steven. Finalmente arriva Stefano. E’ bolognese e ci resta subito simpatico.
“Meno male avete prenotato ragassi, sono gli ultimi due bungalows. Le vostre prenotazioni sono arrivate tardi, mi dispiace, altrimenti vi mettevo sulla spiaggia”.
No worries! Ce l’avete un voucher? Sì te lo portiamo dopo. I nostri bungalows sono sulla collinetta e sono bellissimi. Son fatti di paglia, l’intelaiatura è d legno, il tetto di palme intrecciate.
Cè una scala che porta su un balcone. Il pavimento è fatto con assi di legno.
Dentro c’è un materasso per terra e una zanzariera piena di cacche di topo. Il bagno consiste in un cesso senza seggetta molto basso, una doccia rota, uno spruzzino, un secchio e un catino.
Gli interruttori sono a penzoloni, le strutture mangiate dalle termiti.
Nonostante questa descrizione che può sembrare catastrofica in realtà è delizioso.
Per prima cosa togliamo le zanzariere con le cacche di topo e montiamo le nostre, facciamo una doccia e poi essendo già le sei passate andiamo a fare due passi sulla spiaggia godendoci il tramonto. A metà spiaggia c’è un baretto che si chiama Monkey Bar. Ci beviamo una birra Chang.
Il tipo dentro al baracchino sta sintonizzando la radio. Ceniamo al ristorante del nostro resort (500 e rotti bath). Abbiamo detto a Stefano che faccia lui, ci fidiamo. Arrivano due pesci fatti in modo diverso, buonissimi. Della serie in questa vacanza la fame zero! La dieta pure! Gnam gnam che bontà. Ma un dolcino tipico esiste? Certamente! – risponde Stefano – ve lo faccio fare subito.
E così arrivano le frittelle di riso e cocco leggerissime buonissime fantastiche! Siamo già sazi dei pesci ma queste sono l’apoteosi. Belli satolli facciamo un’altra passeggiata fino al Monkey Bar. Siamo troppo stanchi per aspettare la mezzanotte e festeggiare il Capodanno.. Festeggiamo all’ora italiana? Poi domani mattina ci svegliamo alle sei e mangiamo il panforte! Ok!
01.01.2003 KO LIPE
Alle sei meno dieci io e Gp, ronfanti, veniamo svegliati da Piccio ed Enzo. E’ l’ora!
Ok, con gli occhi ancora appiccicati tiriamo fuori il panforte e il coltellino e facciamo le porzioni.
Non abbiamo da bere, pazienza. Meno tre due uno BUON ANNO!
Mangiamo due bei pezzi di panforte. Che si fa ora, si torna a letto? Noo.. andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia. La gente locale è già in movimento. Accanto al Monkey c’è un rave party di gente fumata che ha tirato – nel vero senso della parola – fino a mattino.
Arriviamo in fondo alla spiaggia dove c’è un altro bar e gente locale che beve tè. Ne vorremmo una tazza anche noi ma non abbiamo i soldi. Ci invitano ugualmente a bere con loro ma il tè è finito. Allora? Grazie lo stesso. Ritornati “ a casa” ci facciamo fare il tè (40 bath). Ok ora però andiamo a dormire un’oretta..
Prosieguo della giornata sulla spiaggia che oggi risalta in tutta la sua bellezza grazie al sole splendente, con un bel mare cristallino cangiante dal verde al turchese.
Andiamo a visitare il villaggio. Sarà mezzogiorno e il sole è cocente. Ci sono tante casette, la maggior parte fatta con lamiera ondulata. Spesso ci sono delle piattaforme di legno dove la popolazione dei CHAO LAE sta seduta a riposare.
A quanto pare è l’ora della siesta perché stanno tutti senza far niente su queste tavole. Sono abbastanza indifferenti al nostro passaggio. Arriviamo dall’altra parte dell’isola dove la spiaggia è meno bella e la sabbia meno fine. Enzo trova il centro sub e va a prendere accordi per fare un paio d’immersioni. Poi ci raggiunge e proseguiamo il giro dell’isola sul perimetro.
Oltre alla spiaggia sul lato opposto al nostro ci sono delle calette delimitate da formazioni rocciose. Sono però un ricettacolo di rifiuti. Imbocchiamo un viottolo che riconduce al villaggio e poi torniamo al nostro resort o meglio alla nostra spiaggia che è indubbiamente la più bella.
Ci ritroviamo per cena. C’è da dire che siamo tutti buongustai e ogni volta sedersi a tavola è un vero piacere ancora prima di sapere cosa mangeremo. Diamo nuovamente carta bianca a Stefano. Ci fa assaggiare un pesce in salsa d’ostrica ricoperto d’aglio che è la fine del mondo. Puoi mangiare l’aglio locale a quintalate tanto non si ripropone. Anche stasera ci facciamo fare i Chao Lae Cakes ovvero le frittelle. Sono trooooooooppo buone! La cena ci costa 590 Bath.
Avendo fatto la levataccia per festeggiare il Capodanno andiamo a letto prestissimo.
02.01.2003 KO LIPE
Colazione al Mama Restaurant, un posticino grazioso che si trova a metà strada del “manubrio”.
Mangiamo “pompom” cioè pancakes con dentro l’ananas e “itii” ovvero frittelline con banana o noccioline, in più una vassoiata di frutta e il solito tè (360 Bath).
Enzo si avvia al centro diving per la sua giornata di immersioni, noi tre finiamo con calma la colazione poi lo raggiungiamo al diving per salutarlo. Durante il tragitto veniamo distratti da un paio di negozianti dove acquistiamo zampironi e cartoline e dove notiamo che l’olio di palma che ci fa fantasticare sulle splendide fritture è contenuto in delle sacche di plastica…
Quando arriviamo al Forro Diving Enzo non c’è più. Allora torniamo al villaggio per girarlo un po’ meglio. Al mattino c’è una grande attività. La maggior parte delle donne sta facendo il bucato ed è in pareo, per cui ogni tanto tirano su un secchio dal pozzo e si tirano addosso l’acqua.
I bambini sono a scuola. Becchiamo un momento di ricreazione. I maschietti indossano una divisa: pantaloncini kaki, cintura con fibbia, camicia bianca. Le bambine indossano una divisa bianca e blu.
Dentro la scuola c’è chi sta facendo lezione. Incrociamo una donna che sta cucinando dei molluschi in un wokkone. Devono essere proprio buoni.. Facciamo molte foto, soprattutto ai bambini che sono veramente belli. Il villaggio, nonostante le lamiere con cui sono fatte le case, è molto colorato. Su tutte le verande sono appesi in gruccia i vestiti. Rientrando alla base ci fermiamo per un altro tè al Mama dove ci offrono fagioli tostati, forse meglio dire fritti, e ci insegnano alcune parole in lingua Chao Lae e Thai, assolutamente diverse tra loro.
Ad es Ti amo in Chao Lae si dice Kuki La Kaò, in Thai si dice Sciàn Wrak T(eu)
Che ne dite di un buon risino con le verdure? Gp parte in missione speciale perché abbiamo deciso di mangiarlo sulla veranda della nostra capanna. Quando torna siamo già pronti armati di bacchette e ce lo gustiamo proprio. Segue una pennichella e nel pomeriggio ci rosoliamo al sole facendo bagni su bagni nello splendido mare fino a quando torna Enzo dall’immersione.
E’ abbastanza soddisfatto, sul suo quaderno ha aggiunto nuovi luoghi però come fondale dice che ne ha visti di migliori. Beh ha anche girato mezzo mondo! In ogni caso si è divertito e ci tornerà anche domani. Enzo va a farsi fare un massaggio poi ci ritroviamo per cena. Prendiamo un pesce al curry, frittura di prawns e pesce alla griglia. Andiamo a letto presto, come sempre..
03.01.2003 KO LIPE
Colazione al Mama con Fruit salad, Pompom e quattro tè, grazie.
Per fargli capire che vogliamo 15 Pompom ci vuole mezz’ora.. Un particolare importante che non ho menzionato è quello del latte condensato. Praticamente gliene finiamo un barattolo alla volta perché ne mettiamo un quintale su tutto!
Enzo scappa anche oggi per le sue immersioni, noi trascorriamo la giornata alla Pattaya Beach.
A pranzo mangiamo squid al curry e un piatto di fried vegetables. Per chiudere in bellezza ci concediamo un Thai massage. Io me lo faccio fare old style da una vecchia Signora Chao Lae, Piccio e Gp vanno al Satun Tour Therapy. Alla fine risulta migliore il mio, anche se più caro (i soliti 300 bath per un’ora di massaggio contro l’ora e mezza di loro) ma più energico ed efficace.
A cena, coccolati da Stefano, dopo una tempura di prawns arriva un intero pescione all’aglio, meraviglioso! Il nostro preferito! Mangiamo con gusto.
Capo! Ma un’aragosta per cena potremmo averla? Ok, domani.
Stefano ci racconta qualcosa di sé. Siccome ha un aspetto un po’ da pirata, conosce tutti i posti circostanti e ha delle scimmie (un tempo anche un gibbone e un pitone) ogni tanto viene contattato dalle produzioni holliwoodiane per dei film nei quali fa la comparsa. Dieci anni fa aveva un diving a Krabi, perché è anche istruttore di sub, poi ha conosciuto sua moglie ed è venuto qui.
I Chao Lae sono forti, dice, vanno dove nessun altro potrebbe vivere. Ora si sono stabilizzati.
Quando torna a casa in Italia diventa pazzo. Ci resta un mese e mezzo circa e va in giro col suo fuoristrada. Quando qui è la stagione delle piogge c’è un tempo da paura, mareggiate altissime e ci sono solo lui e i Chao Lae. Ora sta addomesticando una lontra. Si chiama Cip Cip, è veramente carina ma non si lascia toccare, però morde e ha i denti aguzzi!
04.01.2003 KO LIPE – KO ADANG
Per oggi abbiamo prenotato lo Shark 1 per un giro di snorkelling fra le isole.
Colazione al resort con scrambled eggs e chinese tea. Ci facciamo preparare le nostre frittelline preferite da portarci in barca, cinque per uno. Ma che si capisce che siamo golosi??
Per il resoconto della giornata passo la parola a Gp.
“Iniziamo il nostro giro delle isole vicine a Ko Lipe. Il primo posto non presenta fondali strepitosi… anzi diciamo deludenti, anche i pesci sembrano assenti. Ci sono, ma i loro colori non sono un granché. Poi veniamo circondati da altre barche, il che rende il tour dozzinale.. scappiamo verso la seconda isola che invece offre un fondale molto più interessante. Pesci, conchiglie, stelle marine.. c’è tutto!! Però il colore predominante è il marrone, i coralli sono di forma diversa ma monocolore. Arrivano altre barche.. ma che fanno questi.. ci seguono?? Partiamo a razzo per altri lidi. A KO ADANG il fondale è molto bello, la spiaggia poi.. e l’acqua va da un verde chiaro fino al blu scuro.. un paradiso!! Arrivano di nuovo le barche e noi via di corsa. L’ultimo posto è uno scoglio davanti a Ko Lipe dove l’acqua è più profonda con pesci più grossi ed una corrente che si fa un po’ sentire rendendo un po’ faticoso il tutto”.
Ritorniamo al nostro paradiso, Pattaya Beach e al massaggio, diventato rituale nelle nostre giornate.
Ceniamo con la desiderata aragosta, alle spezie con verdure (cipolle e peperoncino verde).
Enzo commenta “Una sgranocchiata così non la facevo dalle isole Tonga”.
05.01.2003 KO LIPE – LANGKAWI
Ogni mattina trovo Piccio sulla veranda, dove ha dormito per disperazione…
Che fatica preparare i bagagli quando si tratta di tornare a casa!
Enzo e Piccio hanno la roba infestata dalle termiti. Per fortuna le scarpe non puzzano più.
Facciamo l’ultima colazione con i Chao Lae Nut Cakes e l’immancabile quintale di latte condensato. Davanti al Lipe Resort c’è già la speed boat, un motoscafo da 400 cavalli di potenza. Siamo in parecchi a partire, più o meno venti persone. Dopo qualche manovra il motoscafo parte.
Ci lasciamo alle spalle la spiaggia di Pattaya e le sue acque, oggi particolarmente verdi e cristalline.
Tempo cinque minuti e siamo già tutti bagnati. Lo scafista ha preso una serie di onde con una delicatezza… Sarà meglio che tu prenda subito il Travelgum mi suggerisce Enzo. Sarà proprio il caso, lo scafista fa in modo di prenderle proprio tutte le onde!
Passando da Ko Tarutao vediamo la nostra lunga spiaggia e anche la nostra tenda! Che emozione rivederla. Anziché un’ora ne impieghiamo tre per arrivare a Pak Bara.
Partiamo col taxi per tornare a Satun. Questo veicolo è strutturato come l’altro utilizzato all’andata, ma è rivestito meglio e va anche molto più veloce. In meno di un’ora siamo nuovamente a Satun.
Durante il tragitto rivediamo i villaggi, le abitazioni e le curiose fornaci di carbone a forma conica all’ingiù. Notiamo anche i ristorantini con le verande e i tavoli sul fiume. L’ideale per me all’ora delle zanzare! Io sono praticamente un bubbone ambulante fra pinzate di zanzare, punture di meduse e altri insetti ignoti che pascolavano la notte sul materasso. E non dimentichiamo i succhiotti delle sanguisughe ancora gonfi e pruriginosi. Una meraviglia insomma!
Ma ne è valsa la pena.
I miei compagni non sono da meno quanto a devastazione. Piccio ha le ginocchia sbucciate, Gp ha dei bernoccoli perché continuava a battere la testa ogni volta che entrava in camera. Ho dovuto mettergli un cartello “Gp attento alla testa!” Enzo invece è pieno di bolle, dice dovute alle fritture.
Facciamo dogana pagando con i Bath rimasti in cassa per eliminarli e versiamo la differenza in dollari ricevendo il resto in Ringgit. Questa operazione genera una coda non indifferente.
Io ho ancora 40 Bath miei personali e sono molto curiosa di assaggiare la bevanda rossa che ho visto in giro dappertutto. Per non avere il problema del vuoto la bevanda sta dentro a dei sacchetti di plastica. Ci danno una cannuccia. Io pensavo fosse una specie di bitter invece fa veramente schifo, è dolcissima e stucchevole.
Facciamo un’altra coda per l’altra dogana. Il traghetto è tutto un’altra cosa rispetto a quelli presi per le isole tailandesi. E’ comodo e stabile. Questa volta non ci propinano il cantante piagnone dell’altra volta. Piccio è molto dispiaciuto.. Arriviamo velocemente a Langkawi che rispetto alle isole dove siamo stati negli ultimi giorni sa proprio di turistico.
D’altra parte non era il caso di fare tutta una traversata per prendere subito i voli nello stesso giorno.
Prendiamo un taxi e andiamo al TANJUNG MALIE RESORT, situato poco prima di Lenang.
Le camere assegnate sono la 205 e la A” dove dormiremo io e Piccio con porte aperte per Gp se Enzo russa. Conditio omni presente. La nostra camera è grande e funzionale, quella di Enzo e Gp è molto più piccola e col cesso rotto. Sono molto modeste, ma per noi vanno bene.
Enzo ha un po’ da ridire e prova a chiedere alla reception una camera come la nostra.
Picche, è tutto pieno. Piccio monta la zanzariera. In Malesia ci saranno anche le tigri, noi non le abbiamo viste, ma di zanzare tigre ne abbiamo viste e sentite tante!
Vado a prenotare un’altra notte solo per la camera A”. Domani altrimenti dove lasciamo la roba?
E poi una doccetta prima di partire si fa volentieri no? 35 RM.
Ci vestiamo e andiamo a cena sul mare nell’unico locale “locale” della zona. Tutti gli altri sono assolutamente turistici. Non si mangia male ma certo dopo le cene preparate dalla moglie di Stefano è duro il confronto. Beviamo succo di lime.
Dopo cena andiamo a fare due passi ed entriamo nei vari negozi di souvenir. Tutta robaccia per quanto riguarda i vestiti. L’artigianato locale è solo nella misura del due per cento. Meglio la visita al supermercato dove ci compriamo il curry e il chili. Andiamo al resort per dormire. Poco dopo sentiamo dalla nostra stanza Enzo che russa.. evvai! Non riesco ad addormentarmi perché mi ci si è sintonizzato l’orecchio.. Dopo un po’ Gp bussa alla porta.
06.01.2003 LANGKAWI, TANJUN RHU, PANTAI PASIR TENGKORAK, ATMA ALAM
A quanto pare a Langkawi le attività aprono tardi, non prima delle nove e mezza.
Non c’è neppure un posto dove fare colazione, figuriamoci un money change. Andiamo in un mega hotel dove paghiamo 18 RM a testa per la colazione a buffet a bordo piscina, anche se è un po’ presto facciamo diventare la colazione un pranzo. Cambiamo 50 dollari ad un tasso di cambio orribile (3.60) poi andiamo a noleggiare i motorini, 25 RM cad.
I nostri motorini si chiamano Kriss, 110cc, 4 marce e quello di Gp ed Enzo è praticamente senza freni. Andiamo a far benzina e partiamo in direzione dell’aeroporto, poi proseguiamo sulla strada che costeggia il mare ma le spiagge non sono significative. C’è un bel sole e girare col motorino è molto piacevole. Prendiamo una strada che passa in mezzo a delle valli molto verdi, direzione Tanjun Rhu. Lungo la strada ci sono dei lavori in corso e ci sono anche delle scimmie.
Ci fermiamo per andare a vedere da vicino “i condom trees” ovvero gli alberi che producono la gomma di caucciù. La gomma raccolta nel ciotolino è dura e puzzolente. Nell’aria invece c’è odor di bergamotto. Arriviamo a Tanjun Rhu verso mezzogiorno. La spiaggia è molto scenica. C’è una bella baia, dove ci sono degli isolotti, la spiaggia lunga e bianca (ma mai come la nostra a Ko Lipe) e in mezzo alla baia c’è una lingua di sabbia che affiora. L’acqua però non è un granché, anzi è piuttosto torbida. Ci facciamo il bagno quando ad un certo punto, quasi senza accorgercene, non tocchiamo più. La corrente è molto forte e comincia un faticoso ritorno verso riva. Piccio che tra i boschi e sulle montagne è un gatto selvatico nell’acqua si sente insicuro e chiede aiuto a Gp che torna indietro a prenderlo. Nello stesso istante un ragazzo comincia ad urlare chiedendo aiuto.
Vedo che Gp non sa cosa fare. Mollare Piccio e andare dall’altro?
Enzo è più lontano e non si è neanche reso conto della situazione. Gp chiama aiuto a riva ma nessuno si muove. Il ragazzo ha solo un attacco di panico perché vedo che pur agitandosi sta a galla e non sta bevendo. Parto a dorso, già allo stremo delle forze, e lo raggiungo mentre Gp mi urla preoccupato di stare attenta a non farmi tirare giù. Solo la vicinanza di un’altra persona conforta immediatamente il ragazzo che si era impressionato perché colto da un crampo. Nel frattempo sono arrivati anche Gp e Piccio, al traino. Beh, Piccio ha trainato me tante volte al Taman Negara, oggi tocca a lui! Il ragazzo ci ringrazia e piano piano, spompati, torniamo tutti alla spiaggia.
Mangiamo delle noccioline che Enzo ha sottratto a colazione e poi facciamo una camminata lungo la spiaggia raccogliendo qualche conchiglia.
Diamo un’occhiata alla cartina: ci sarebbe una spiaggia anche verso il golf club Pantai Pasir Tengkorak però bisogna tornare indietro di un pezzetto. Va bene dai, tanto è presto. Prima di ripartire però ci facciamo tagliare un paio di noci di cocco per dissetarci col succo.
La spiaggia è molto più piccola ma graziosa e l’acqua è pulita (ma mai come … ok, s’è capito!)
Altro bagno, l’ultimo sigh!, e poi via verso il centro dell’isola dove pare ci sia un villaggio dove fanno i batik. La località si chiama Atma Alam. Peccato che di questo villaggio non ci sia traccia.
Provo a chiedere, mi danno l’indicazione ma lo stesso non riusciamo a trovarlo. Mangiamo qualcosa e torniamo indietro. Ho giusto giusto adocchiato un baracchino lungo la strada dove una donna stava friggendo una specie di coccoli. Dietro front e via alla ricerca del baracchino!
Si, c’è, sul carretto sono esposte varie cibarie fritte. Prima assaggiamo un rotolo di banana che contiene del riso. Le fritture sono buonissime, gamberetti in pastella, verdurine condite con salsa, banane e una pallina con qualcosa dentro che non sapremo mai cos’era, molto dolce e buona.
Il tutto ci viene a costare 2,50 RM in totale! un euro e mezzo!
Ci facciamo anche qualche foto e le due signore sorridono compiaciute per i nostri apprezzamenti.
Chissà quanti viaggiatori si fermano da loro..
Riconsegnati i motorini torniamo al TANJUNG MALIE RESORT sotto un sole cocente.
Andiamo a vedere com’è la spiaggia del resort. Non male, anzi. Pure l’acqua è calmissima e piuttosto bella. E allora? Borda in acqua per un ultimo bagno in mare!
Doccia, zaino, formale addio alle mie storiche Birkenstock e via, operativi! In taxi (12 RM) andiamo alle partenze domestiche. Gli oggetti esposti nei negozi dell’aeroporto sono carissimi, per 56 RM compriamo comunque la guida del Taman Negara per ricordo. C’è la descrizione accurata di tutti i percorsi, della vegetazione e degli animali e presenti. Anche delle sanguisughe!