MALAWI – MOZAMBICO
Periodo : agosto 2006
Durata : 24 giorni
Tipologia : fai da te
ITINERARIO
LILONGWE – LIWONDE NATIONAL PARK – CHIPONDE/MANDIMBA – CUAMBA – NAMPULA – PEMBA, WIMBI – ILHA DE MOÇAMBIQUE, ISOLA DI GOA – MANGOCHI – SENGA BAY, LAKE MALAWI
Come per ogni viaggio che si rispetti non manca la suspence! Il 18 luglio, dopo un’irrisolta caccia al neo-passaporto di Ilaria, che spedito da chi lo emesso chissà dove e chissà a chi, ma ottenuto un duplicato in tempo record, c’è anche la trepidante attesa del visto dall’Ambasciata del Mozambico di Roma. Il nostro viaggio prevede l’arrivo in Malawi ed il passaggio in Mozambico via terra dal border di Mandimba.
In Malawi si parla inglese ma in Mozambico si parla solo portoghese, perciò prima di partire me lo studio un po’ con un’insegnante madrelingua e sul diario mi segno la fraseologia probabilmente più utile: saluti, numeri, giorni, mezzi di trasporto, cibo, soggiorno.
1 agosto, martedì
PARTITE! Voliamo con Ethiopian Airlines via Addis Ababa su Lusaka. Dormito? Zero.
Alle tre del pomeriggio siamo in MALAWI!! Ed è mercoledì 2 agosto.
Sbrigate le formalità doganali, cambiamo 50,00 Euro in KWACHA (al cambio di 176,7) e poi prendiamo un taxi per il KIBOKO CAMP che sta nell’area 3 di LILONGWE.
La strada è in perfetto stato! se vengono a Firenze gli prende male..
Il Kiboko Camp è molto basic. C’è la reception, quattro A-frame chalets e una lunga casa col tetto in paglia divisa in camere, dove alloggiamo noi, al numero 3, i bagni, l’area per campeggiare, l’area ristorante. E’ bello avere con me Ilaria, viaggiatrice neofita in tutto. Il suo entusiasmo è contagioso.
Stanche, subito dopo cena ci ritiriamo nel nostro simpatico alloggio e ci addormentiamo all’istante.
3 agosto, giovedì
La sveglia suona alle 6.30. Tanto ieri sera siamo andate a letto alle otto! I bagni non sono esattamente invitanti per cui ci limitiamo ad una sciacquatina al viso e siamo pronte! Il guardiano del Camp telefona ad un suo amico tassista che viene a prenderci e ci porta nell’area 2 di LILONGWE dove c’è il deposito dei minibus per LiWONDE. Ci fanno salire su quello che va a Blantyre/Zomba e che passsa per Liwonde. Siamo stipati. Viaggiamo come razzi ed io ho l’addetto alla riscossione del prezzo della corsa che, seduto di fronte a me, si è addormentato appoggiato al mio zaino che ho sulle ginocchia. Come se non bastasse, al suo peso si somma quello del tipo seduto accanto a lui che dorme appoggiato a lui. La signora accanto a me ride, io mica tanto. Non ho neanche il sostegno dello schienale e stanno tutti addosso a me! Per un po’ li lascio dormire, poi li sveglio. Per fortuna il bus fa una sosta, così scambio il posto con Ilaria che sta scomoda a sua volta, ha le ginocchia appuntite del tipo seduto di fronte che la puntellano. Io le preferisco alla mancanza d’appoggio per la schiena e lei regge meglio il peso. Perfetto! Attraversiamo un paesaggio brullo e montagnoso. Lungo la strada ci sono dei villaggi e dappertutto c’è della gente. Facciamo colazione col muffin comprato previdentemente al Camp.
Giunte a BALAKA capisco finalmente dove siamo. In occasione di questa sosta Ilaria viene invitata a salire davanti accanto all’autista così stiamo più larghi e comodi. Detto così sembra che la mia amica occupi un sacco di posto… in realtà sono scesi diversi passeggeri, anche quelli che stavano davanti. Solo Ilaria ed io siamo consapevoli del serio pericolo che stiamo correndo ora, viaggiando con lei seduta davanti, perché adesso l’autista è inevitabilmente distratto dalla fanciulla sorridente ed esuberante che si trova accanto. Lui si chiama Promise ed “è bello come il sole”!
Conversano con i limiti del proprio inglese, Ilaria ogni tanto si gira per chiedermi aiuto, ma preferisco lasciarla in difficoltà. Trovo che l’incomprensione linguistica, nella primissima fase di una conoscenza, aiuti le persone a fare uno sforzo, l’apparente difficoltà gioca a favore del desiderio di capirsi. Ed è così, infatti. Se il viaggio durasse ancora parecchio mi toccherebbe fare la testimone di nozze!
Arrivate a LIWONDE, Promise (con lo zaino di Ilaria sulla spalla) valuta il costo delle bici-taxi che ci devono portare a destinazione, ne contratta il prezzo, sceglie chi ci deve caricare sulla bici, ammonisce i due ciclisti e poi ci saluta, a me normalmente, Ilaria con un bacio da film in mezzo ad un’ovazione generale! Il bello è che in tutto questo frangente sul minibus i passeggeri sono rimasti buoni ad aspettare che l’autista facesse il galante ed assicurasse a noi un tranquillo proseguimento del viaggio!
Montiamo sulle bici attrezzate con un comodo seggiolino imbottito posto sopra la ruota posteriore, un manubrio fisso per arreggersi e i pedalini per appoggiare i piedi. Abbiamo gli zaini sulla schiena, il sole in fronte, il vento nei capelli e l’odore del ragazzo nel naso all’ennesima potenza! E via! sulla strada sterrata di colore rosso! Intorno alle undici siamo al parco nazionale. Paghiamo la tassa ma non possiamo addentrarci nel parco a piedi, ci sono animali liberi. Bene, allora telefonate al Lodge affinché vengano a prenderci. Al posto di guardia non hanno il telefono! Santo cellulare.. potremmo restare qui in eterno aspettando che qualcuno transiti da qui… Inviamo un sms al gestore del CHINGUNI HILLS LODGE sperando che lo riceva, lo legga e venga a raccattarci. Dopo 10 minuti arriva la jeep del Lodge: ma sono efficientissimi! Alla guida c’è il gestore del Lodge, un ragazzo indiano. Il percorso è breve, solo 3 km.
Il Lodge è nel bel mezzo della vegetazione e in lontananza si vede il fiume Shire.
Darren, il proprietario, ha arredato il Lodge in modo confortevole e affascinante. La camera assegnataci è la più bella e luminosa, col bagno e le zanzariere sui letti, ed e pulitissima. Pranziamo in compagnia di due ragazze statunitensi con deliziose frittatine alle verdure e insalata mista poi ci rilassiamo beatamente sui bei divani disposti agli angoli del gazebo di legno antistante l’ingresso della casa. Tira un gradevole venticello e c’è un continuo concerto di uccelli. Ma che posto meraviglioso! Ilaria già chiede di non andarcene più via di qui. L’atmosfera della casa è molto friendly, se vuoi qualcosa da bere apri il frigo e ti servi, poi su un apposito quaderno segni quello che hai preso. Puoi andare dove vuoi e fare quello che ti pare. Nessuno ti controlla, disturba o invade. FAN-TA-STI-CO!! Trascorriamo l’intero pomeriggio nulla facendo. Nel salotto ci sono un sacco di riviste di viaggio. Me ne faccio una scorpacciata.
A cena siamo nuovamente a tavola con le due americane e una coppia. In pratica il Lodge viene vissuto proprio come una casa, quindi si cena tutti insieme. La cena è in stile indiano, con samosa e pollo. Tra le verdure spicca uno spinacio al formaggio in salsa besciamella da leccarsi i baffi. Per dolce ci viene servita una mattonella di cereali croccanti su una base di miele guarnita con crema calda. A-IU-TOOO!!! I cuochi, gratificati dai complimenti, ci fanno fare il bis del dolce. Sarà dura tornare a casa dimagrite.
Sento che alzandomi sarò in grado solo di rotolare. Siccome avanza un pezzo di dolce lo prendo e lo porto in camera per l’indomani giacché il programma prevede un safari a piedi all’alba prima di colazione.
4 agosto, venerdì
L’attenzione riservata a chi alloggia in questo Lodge si desume anche dalle piccole cose: ci hanno già preparato il caffè. Isfah, la nostra guida, ci porge un binocolo per ciascuna. Che bello! Siamo due piccole esploratrici! Il terreno è molto secco. Camminiamo per un pezzo avvistando un waterbuck e vari uccelli, poi un facocero. Che carino che è! Ci guarda, ci studia e poi sculettando se ne va dondolando la coda ritta. Ci sono molti alberi secchi, alcuni scuri altri bianchissimi e molto belli, baobab ed euforbie dalle dimensioni enormi. Una famiglia di elefanti avanza lenta in lontananza verso chissà quale meta. Proseguendo avvistiamo un’aquila pescatrice, altri facoceri, faraone, impala e un albero che produce un liquido velenoso. Isfah ci fa salire su una collinetta facendoci segno di fare silenzio. Come per magia appare un gruppo di elefanti, meno numeroso dell’altro, ma vicinissimo. Sono bellissimi e guardarli regala un senso di pace. Restiamo ad osservarli per un po’, poi rientriamo alla base dove ci attende un’ abbondante colazione con uova, pancetta, salsicce, pomodori, burro, miele, marmellata, mele, papaya e tanto caffè! Alla faccia della fame nel mondo! non ci crederà nessuno che siamo state in Africa!
Dopo un paio d’ore di relax pranziamo, per fortuna con cibo più leggero, a parte le succulente patate fritte. Sono arrivati due sposini polacchi. Una gran bella coppia. Lei polacca doc si chiama Julia, lui di origine libica si chiama Piotr. Entrambi sono giovanissimi e sono attori, lei di teatro, lui di cinema!
Andiamo insieme a loro a fare una gita con la barca. Kishu, se si chiama così, se si pronuncia così, se si scrive così.. l’indiano insomma! ci porta con la macchina al molo dove Captain John con un sorriso a 36 denti ci da il benvenuto a bordo della sua bagnarola dicendo che non può garantire nulla ma, se saremo fortunati, vedremo gli elefanti e i coccodrilli e lui vuole che siamo felici. Lo scenario è bello e rilassante. Ai lati del fiume ci sono moltissimi canneti e sulle sponde persone intente a pescare. Ippopotami in vista! Sono i miei animali preferiti. Il Capitano avanza lentamente per avvicinare la barca il più possibile. Un ippopotamo fa un enorme sbadiglio, poi si inabissa. Chissà quanto tempo riesce a stare in apnea un ippopotamo.. Lo SHIRE RIVER (si pronuncia Shiir) è pieno di ippopotami. Coccodrilli al momento non se ne vedono “ma se saremo fortunati”, come continua a dirci il Capitano, li vedremo. Ma si, lo sappiamo che ne hai legati un paio per una zampa da qualche parte.. così potrai dirci che siamo incredibilmente fortunati e ti dovremo dare una mancia… Beh, fortunati comunque lo siamo perché avvistiamo un bel branco di elefanti che con lo sfondo della savana ci regalano un quadro davvero idilliaco. C’è un silenzio meraviglioso, interrotto solo dal Capitano che blatera che una volta dei turisti l’hanno implorato di portarli a vedere gli elefanti promettendo una buona mancia, ma non dipende da lui! bensì dalla fortuna! Capitano, abbiamo capito che stai tentando di garantirti la mancia ma questa insistenza sta diventando antipatica… Vedendo che non siamo assolutamente reattivi ai suoi solleciti fa dietrofront con la barca costeggiando la sponda. La sua ultima speranza sono i coccodrilli. E’ ovvio che conosce i posti.. infatti, legati o no per la zampa, eccolì lì. Sono un paio ma essendo immersi non vediamo un granché. Ormai il Capitano ha capito che lo show della fortuna è fiato sprecato quindi a questo giro non si ripete. Io vorrei scattare un paio di foto ma il Capitano, che l’ha capito benissimo, non rallenta consentendomelo. Ok, pazienza, io non becco gli ippo ma tu non becchi la mancia!
Assistiamo ad uno spettacolare tramonto sul fiume con un sole rosso vermiglio. Veniamo recuperati da Kishor, ora so come si scrive perché gliel’ho chiesto. Sulla strada del ritorno gli chiedo se può fermarsi nel villaggio per vedere il mercato. Ci accorda la sosta ma concedendoci solo dieci minuti. Piotr e Julia sono titubanti perché sono timorosi. Macché… andiamo!! Anche Ilaria confessa di aver paura ma osservando la mia sicurezza tutti si tranquillizzano e mi seguono. Anch’io in un angolino dello stomaco sento sempre un filo di inquietudine ma è quel sano timore che ti fa stare all’erta e ti ricorda di essere prudente, e soprattutto rispettoso e non invadente. Ci addentriamo tra uno stand e l’altro salutando. Molti stand sono già stati sbaraccati, altri espongono ancora le merci: pomodori, patate, strisce di pneumatico, pesce. La gente è curiosa e ricambia il saluto sorridendo. I bambini sgranano gli occhi, gli uomini anziani sono gentili, più dei giovani. Come qui da noi praticamente..
Ilaria e Julia non stanno più nella pelle dalla voglia di scattare qualche foto e mi chiedono se possono. A me lo chiedete?? chiedetelo a loro, se lo fate con tatto vi diranno di sì. Il nostro Big Ben ha detto stop e dobbiamo tornare alla macchina. Kishor si è bevuto una birra e guida come un pazzo. Al Lodge sono arrivati altri ospiti, due coppie americane. Nella casa sono state accese le candele e le lampade a petrolio perché non c’è la corrente elettrica, per cui l’atmosfera è ancora più coloniale. Per incentivarla mi esibisco in una performance col bongo e Ilaria, che imputa alla birra questa mia improvvisa imprevedibile prestazione, sganasciandosi dalle risate sia per l’esecuzione che per il repertorio composto da una originalissima versione remix di alcuni pezzi di Battisti che può fare? Cantare! Arriva Kishor concitato ad annunciarci che la cena è pronta.. Secondo me non sa in quale altro modo farci smettere..
La cena è buona con carne di manzo e verdure assortite, anche gratinate. Stanche della conversazione – forzatamente in inglese che parlo solo io, sicché devo anche contemporaneamente tradurre – e per l’intensa giornata trascorsa, ci congediamo per andare a dormire. Che bello! domani niente sveglia!!
5 agosto, sabato
Giornata di puro relax, a parte la mattinata che trascorriamo al mercato di Liwonde. Ci facciamo dare un passaggio in auto dagli americani, che alle nove fanno il giro in barca, dandoci appuntamento al bar del Liwonde Park Hotel per tornare al Lodge. Ci godiamo il mercato per un paio d’ore da sole. Visitato di giorno è molto più apprezzabile. Simpatica la sosta alla macelleria dove veniamo ringraziate per la visita. Nel pomeriggio Ilaria va a coricarsi in camera perché non si sente bene. Forse ha mangiato troppo pesante in questi giorni. I polacchi mi dicono che hanno il volo per Zanzibar da Blantyre solo il giorno 13 e che nei prossimi giorni non sanno cosa fare e dove andare. Ma quale agenzia gli ha organizzato un viaggio di nozze così disorganizzato? Chiedono informazioni sul nostro programma verso il Mozambico prendendo in considerazione la possibilità di venire con noi ma non conoscendo i posti riescono a capire poco di quel che gli descrivo. Vado in camera a prendere la cartina. Potrebbero almeno arrivare fino a Ilha de Moçambique! E’ una toccata e fuga ma anche stare qui ad aspettare è da suicidio! Lascio i polacchi a confabulare con la mia preziosa cartina e me ne vado sulla collina a godermi panorama e tramonto. Anche questa sera il sole è di un rosso intenso e la pianura sottostante col suo riflesso è bellissima. C’è un simpatico strano insetto che svolazza facendo un rumore che sembra una pernacchia.
Ilaria sta decisamente male, ha anche la febbre. Secondo me è un’indigestione. Aveva detto che a pranzo non avrebbe mangiato e invece si è fatta prendere dalla gola! Cena solo con un tè e due pasticche di paracetamolo. Domani mattina se si sarà rimessa partiremo altrimenti dovremo attendere. Nel frattempo i polacchi hanno mestamente deciso di rinunciare alla follia mozambicana. I tempi sono troppo stretti e noi non siamo in grado di fornire dati precisi sui costi e sull’affidabilità dei trasporti interni. Inoltre non hanno il visto e non sappiamo se è possibile ottenerlo alla frontiera.
Julka (versione vezzeggiativa di Julia) prova ad insegnarci a giocare al ???, non ho capito il nome! In una specie di tagliere di legno ci sono dei riquadri intagliati, si spostano dei fagioli o delle biglie in un senso e nell’altro rubando quelli dell’avversario. Lasciamo perdere dopo poco .. forse non ce l’ha spiegato bene… o forse siamo veramente di coccio! Salutiamo gli amici polacchi e andiamo a fare i bagagli fiduciose che Ilaria si riprenderà nottetempo.
6 agosto, domenica
Ilaria non è al 100% ma possiamo partire. Potremmo.. perché per poter partire alle 6.30 abbiamo chiesto di fare colazione alle sei ma alle sei e un quarto la colazione ancora non si vede. Vado in cucina per sollecitarla. Finita la colazione con l’imbuto chiedo allo staff della cucina di chiamare Kishor…
Alle 7.00 chiedo notizie.. se ne sono dimenticati! Potrei strangolare qualcuno.. Arrivare tardi alla stazione di partenza può significare perdere un giorno di viaggio! Alle 7.30 appare Kishor distrutto. Niente da fare, la macchina non parte. Ma figurati… siamo qua, a cazzolandia e con l’ansia di perdere il bus. No problem! Arrivano due ragazzi, con una bicicletta a testa, per portarci giù alla fermata del bus. Ok andiamo. Le bici sono alquanto scassate, quella che tocca a Ilaria ha il seggiolino senza imbottitura mentre il ragazzo della mia è incapace di pedalare.. Non ci resta che affrontare il disastro avviandoci con filosofia a piedi. I ragazzi sorridono imbarazzati ma si adattano al nostro volere scortandoci. Giunte all’ingresso del parco li liquidiamo. Se ne tornano indietro perplessi senza replicare. Noi firmiamo l’uscita dal parco e ci incamminiamo verso il paese. Così ai tre km già percorsi ne aggiungiamo altri sei e con gli zaini sulle spalle. Ad un certo punto passa una macchina, chiediamo un passaggio. A bordo c’è una coppia con la puzza sotto al naso ma non è il caso di sottilizzare, bensì di risparmiare tempo e fatica. Insistiamo. Con aria di sufficienza ci fanno salire. Ma giunti alla strada principale ci fanno scendere perché sono diretti dalla parte opposta. Beh, ci siamo comunque risparmiate un km e mezzo.
Arrivate alla stazione dei bus ci fanno salire su un minibus. Ci guardano tutti sorridendoci accoglienti. Durante il viaggio offro un paio di mandorle alla donna seduta accanto a me e regalo una piccola mucca di plastica all’unico bimbo presente che timidamente ci stava osservando di nascosto. Questi bimbi sono sempre molto composti. Nessuno piange, strilla, fa le bizze, reclama attenzione. Stanno buoni dove vengono messi. A MANGOCHI cambiamo mezzo e saliamo sul retro di un pickup. Mi mettono in collo una bimbetta che ha delle bellissime treccine. Sta buona e ferma sulle mie ginocchia mentre la madre o la sorella ride con altre donne. Quando il pickup è pieno si parte. Al confine, appena la macchina si ferma, veniamo letteralmente assalite da ragazzini vocianti che in un turbinio di mani cercano di accaparrarsi i nostri zaini per accompagnarci alla dogana e poi guadagnarsi la corsa in bici fino all’altra frontiera. Ilaria ha un attimo di smarrimento. Invito tutti alla calma, dicendo di non toccare i nostri bagagli e che sappiamo dov’è andare. L’ufficio della dogana è semideserto. Ci fanno un paio di domande, riempiamo un modulo, ci timbrano in uscita il passaporto. Possiamo andare. Prima però ho bisogno di andare alla toilette. Chiedo dov’è e mi viene indicato un baracchino sul retro nel cortile dell’ufficio. E’ il classico bagno: un buco recintato dal canniccio. Questo puzza abbastanza ma è affrontabile. Quando torno apprendo che Ilaria ha preso accordi con un paio di ragazzi per attraversare in bici i 4 km che separano le due frontiere. Ok andiamo. Dopo un km e mezzo c’è la dogana mozambicana, poi proseguendo si raggiunge MANDIMBA, il primo avamposto. Mentre compiliamo l’apposita scheda nell’ufficio doganale mozambicano cambiamo 30 USD in METICAIS al cambio di 20 MTN (un po’ pochi, il cambio regolare sarebbe 26). Le pratiche doganali costano 30 MTN a testa. Ok, fatta anche questa. Varcato il confine respiro a pieni polmoni l’aria di questo paese che da tempo sogno di vedere e immediatamente noto che l’asfalto ha lasciato il posto allo sterrato. Scopriremo che buona parte delle strade del Mozambico sono ridotte malissimo, specialmente quelle dell’area centrale, e capiremo come mai il Malawi viene definito la Svizzera dell’Africa.
“Ma come è bello andare in bici per i colli in Mozambicooo”
La corsa in bici è piacevole. I nostri conducenti sono veloci. Il mio è il boss, l’altro è un gregario. Mentre andiamo gli chiedo la tariffa. Dovevamo chiedere prima e contrattare lo so, ma Ilaria non è pratica ed io ero presa dalle formalità e inconsciamente ho voluto credere alla loro onestà. E’ sempre così. All’inizio di ogni viaggio mi faccio turlupinare poi divento un’accanita contrattatrice, anche per le cazzate. Il boss spara la cifra di 500 Meticais a testa. Richiamo l’attenzione di Ilaria e dico ai ragazzi di fermarsi. Ok, noi scendiamo qui. Se al confine il vostro amico ci avesse fatto un cambio migliore forse vi avremmo potuto dare qualcosa di più, ma noi non abbiamo 1000 Meticais, perciò ve ne diamo 600 con tante grazie per il servizio prestato e proseguiamo a piedi. Sono disorientati dalla mia espressione che conferma una scelta irremovibile. Prendono i 600 Meticais ma ci invitano a rimontare in sella alle bici. Ci porteranno fino al parcheggio senza alcun costo aggiuntivo. Sicuramente prendono la percentuale dall’autista del mezzo su cui saliremo, quindi non possono mollarci proprio ora..
Il parcheggio è veramente squallido però c’è un furgone in partenza per CUAMBA. Il viaggio costa 1500 Meticais in due. Pensa quanto ci avevano chiesto i ragazzini! Non abbiamo soldi perché dobbiamo cambiare, possiamo pagare quando arriviamo? Va bene. Con i pochissimi spiccioli che ci sono rimasti compriamo dei biscotti. Sediamo accanto all’autista, un omone dalla guida sicura che va fortissimo. Quando sulla strada incrociamo qualcuno a piedi suona affinché prontamente si scansi, altrimenti penso che potrebbe tranquillamente tirarlo sotto..
Non ricordo a che ora siamo partite, più o meno verso l’una. Arriviamo a CUAMBA alle cinque e mezza. L’autista del furgone è molto gentile e ci porta proprio davanti all’Hotel Vision 2000 che è il nostro unico riferimento. Ora c’è il problema del pagamento perché le banche sono già chiuse per cambiare. Proponiamo il pagamento in dollari mostrando la nostra tabellina di conversione spiegandogli che 10 dollari sono addirittura qualcosa in più. Accetta ringraziandoci e ci salutiamo.
Adesso dobbiamo pensare alla sistemazione per la notte. Per poter fare un confronto vado prima a visionare la PENSAO SAO MIGUEL che è proprio qui accanto dove chiedono 550 MTN per una camera modesta ma decente con bagno. All’Hotel chiedono invece la bellezza di 75 USD! Ma è una follia! in MTN sono .. oh no… allora qui il cambio è.. Senza volere abbiamo fregato il nostro amico del furgone!! ci dispiace tantissimo.. per dirla in portoghese “lamento imenso”!!
La camera dell’Hotel è bellissima, spaziosa, col parquet e odora di varechina ma costa davvero troppo per noi. Gli impiegati ci indicano alcune alternative dove andare. Però! sono gentili!
Andiamo a vedere la pensione CARIACO’e subito ci piace. E’ all’interno di un cortile che di sera viene chiuso e c’è un vigilantes. C’è anche il ristorante e la parrucchiera. Bene, vediamo la stanza. E’ decisamente basic ma ha la zanzariera alla finestra e sui letti. Costa 600 MTN quindi va bene!
Prenotiamo la cena (gallina con riso) poi andiamo all’ATM della Banca Millenium e preleviamo 3000 MTN. Ilaria vorrebbe approfittare della parrucchiera per farsi lavare i capelli se non costa troppo. Sfodero il mio limitatissimo portoghese per far capire alla parrucchiera che desidera solo farsi lavare i capelli, mettere un potente districante e asciugarli. C’è un problema: manca l’acqua calda. Un tipo rileccato, antipatico e cafone ci dice di ripassare. E’ già tutto profumato e senza un pelo ma vuol farsi fare la barba, il principino! Secondo me vuole intortare la parrucchiera. Ci tocca aspettare. Quando è il turno di Ilaria l’acqua calda non è stata trovata. Va bene lo stesso. La shampista è molto professionale e delicata. Districa il groviglio dei suoi capelli con facilità con chissà quali prodotti. D’altronde qui hanno i capelli ricci, se non hanno i prodotti giusti loro! Poi ci mette sopra balsami, cere e altre creme per un risultato fantastico! I capelli di Ilaria ora sono brillanti, morbidi e domati! Non l’ho mai vista con i capelli così a posto! Il servizio viene a costare 100 MTC.. più o meno tre euro!
Il ragazzino del ristorante viene a dirci che è meglio se ceniamo in camera perché il locale è pieno di bambini che fanno confusione. Ma che problema c’è! No, no, veniamo al ristorante. Ma che gente delicata è passata qui prima di noi?? La festa dei bambini è così divertente! Giocano, saltano e ballano così bene! Il cibo è buono e abbondante. Andiamo a dormire che sono le 19.30, sempre prima!! D’altronde abbiamo la sveglia alle 3.30.. pare che il bus per Nampula passi alle quattro. Ma non sarà troppo presto? Lo scopriremo solo partendo…
7-8 agosto, lunedì e martedì
Alle 3.30 suona la sveglia. Siamo pronte in quindici minuti. Usciamo e andiamo nel posto indicatoci per prendere il chapa x Nampula. E’ buio pesto e in circolazione non c’è anima viva. Chiediamo ad un tipo che sta aprendo il cinema. La stazione dei chapa è alla maçaniqueira che si trova al di là dei binari della ferrovia. Con lo zaino che già ci spacca la schiena ci avventuriamo lungo le strade buie e deserte di Cuamba e raggiungiamo l’altrettanto inanimata stazione ferroviaria. Non si vede niente, non si sente alcun rumore di macchine. Ilaria mi dice che ha paura. Ok dai, torniamo indietro. Chiediamo altre indicazioni alle poche persone in circolazione. Le informazioni sono discordanti. Chi ci indica la maçaniqueira chi invece di seguire la strada fino al mercato. Proviamo la seconda indicazione. Cammina cammina, sempre al buio senza vederci un piffero, arriviamo al mercato ovviamente chiuso perché è ancora troppo presto e ci fermiamo presso un’inesistente fermata dell’autobus. Albeggia. Dopo un po’ il villaggio si sveglia. Inizia il transito di gente a piedi e in bicicletta. Di un mezzo neanche l’ombra.
Alle sei un paio di persone si uniscono alla nostra attesa. Ok allora la fermata è questa. Piano piano arriva altra gente. Oggi il treno non c’è perché fa riposo: è a Nampula, domani torna a Cuamba e poi fa su e giù a giorni alterni. Faremo in modo di prenderlo al ritorno…
Passa una signora con un catino che contiene grossi pezzi di ?? roba grigia. Ma che cos’è? Due studenti che stano andando a piedi a scuola ne comprano un pezzo. Chiedo ragguagli. E’ pane africano fatto con le banane, vuoi assaggiarlo? Certo vorrei, peccato che non ho spiccioli per comprarlo! Uno dei due me ne compra un pezzo (una moneta da 1000 mzm che sono i vecchi meticais = 1MTN, nuovo metical).
Ma grazie!! Lo addento, è morbido ma compatto, grigio e scricchiolante con striature rosa e un leggero aroma di banana. Chissà cosa sto mangiando.. Vedendo che apprezzo gli studenti vanno via contenti mentre la venditrice ride. Passano le ore in estenuante attesa. Ilaria si sarà già fumata un pacchetto di sigarette, come minimo. Arriva un pickup, va fino a Mutuali che è poco più in là.
Qualcuno continua a dire che ha visto un camion che sta caricando ferro, è quindi questione di minuti e ci raccatterà. Intanto la radio a tutto volume della casa alle nostre spalle scandisce il tempo.
Buongiorno! sono le sette e tutto va bene. Oggi bla bla bla, il tempo, la quotazione del dollaro, appuntamento al prossimo notiziario… Buongiorno! sono le otto e tutto va bene. Oggi bla bla bla, il tempo, la quotazione del dollaro, appuntamento al prossimo notiziario… Buongiorno! sono le nove e tutto va bene. Oggi bla bla bla, il tempo bla bla, la quotazione del dollaro bla bla, appuntamento al prossimo notiziario… Santa la pazienza di Giobbe!! Buongiorno! sono le dieci! e tutto va bene ???
Io tornerei alla pensione Cariacò solo per strangolare quello che ci ha fatto alzare alle tre del mattino!!
Arriva il camion.. quasi mi sembra un miraggio… Imploro i tipi del camion di caricarci su. Si guardano attorno poi, sarà perché siamo donne, sarà che siamo bianche, sarà quel che sarà ma veniamo scelte per salire in cabina, mentre agli altri vien fatto segno di salire sul carico (di ferro). Aiuto! Non so se io sarei riuscita a salirci lassù e poi per stare comodamente adagiata su del ferro arrugginito!
In cabina ci sono tre uomini: Tonio, l’arcigno padrone del carico che ha affittato il camion, Saidi, il meccanico dal viso dolce e Edù, il conducente con l’atteggiamento un po’ borioso ma simpatico. Tonio pensa solo ai soldi e al suo carico che deve arrivare al più presto, tiene in mano la calcolatrice e conteggia continuamente chissà cosa. E’ un autentico negriero: apprendiamo che questi due poveretti non dormono seriamente da cinque giorni! Il camion è ultracarico e si muove lentissimamente facendo mediamente 30 km all’ora quando va bene. La strada è in pessime condizioni, piena di buche e richiede tutta l’attenzione e la bravura di Edù che viene da noi proclamato il miglior autista del Mozambico con tanto di hip hip urrà. Alle tre e mezza siamo a MALÉMA. Abbiamo percorso solo 110 km! Sostiamo per il pranzo. Per le necessità fisiologiche il “bagno” è irraccontabile. Alle cinque ripartiamo e noi mettiamo già in conto che prima di domani sarà impossibile arrivare a Nampula. Con un po’ di fortuna, beccando una coincidenza, potremmo fare tutta una tirata direttamente fino a Pemba recuperando il giorno perso e risparmiando due pernottamenti sul budget. Un’occhiata alla cartina demolisce ogni speranza. L’altezza delle montagne da affrontare arriva a 1777 metri! Col pesante carico che trasportiamo, un’autista morto dal sonno e la strada sempre più devastata da buche e lunghi solchi ci prepariamo psicologicamente ad affrontare la vera epopea! Incastrate dietro ai sedili, doloranti per la posizione forzatamente invariabile, affrontiamo la bellezza di 26 ore di viaggio sul camion!
Nel bel mezzo della notte il camion si ferma, tutte le spie si accendono come un albero di Natale, suona un allarme: ok, è la fine… E invece no! perchè Saidi è il miglior meccanico del Mozambico! Distruggendosi la bocca per aspirare il gasolio e liberare i condotti, riesce a disingolfare il motore e a rimettere in sesto lo Scania permettendoci di ripartire. Edù approfitta della sosta tecnica per fare un pisolo mentre Tonio, come impazzito, digita freneticamente sulla calcolatrice. Edù non è proprio più in condizioni di proseguire al volante. Si riparte con Saidi alla guida… non ha neppure la patente! Preme l’acceleratore con timorosa eccessiva delicatezza poi prende piano piano confidenza col mezzo, anche troppo.. per averlo preso troppo veloce e sicuro quasi butta giù il muretto di un ponte! Preghiamo?
L’avventura nell’avventura .. ora più che mai dobbiamo vigilare.. Cerchiamo di restare sveglie incoraggiando Saidi nei momenti difficili e coccolandolo con biscotti, gomme da masticare e salviettine detergenti (secondo me ancora le conserva!). Ad un certo punto sentiamo un tonfo: non avremo mica sbalzato fuori uno di quei poveretti abbarbicati sul “tetto”? Fa anche freddo, saranno congelati!
Ogni tanto scivoliamo nel sonno e ad ogni risveglio sentiamo aumentare l’indolenzimento e la delusione per non essere ancora arrivati a Nampula. La luna è quasi piena e il paesaggio spettacolare sembra quello del Grand Canyon. Le montagne sono alte ed aguzze.
Quando abbiamo passato RIBAUÉ dormivamo. A RAPALE buchiamo una gomma. Sono le cinque del mattino e sta sorgendo il sole. Un pickup sta partendo per Nampula, forse ci converrebbe cambiare ma Tonio insiste perché si resti con loro dicendo che la strada ormai è buona facendo leva su Ilaria a cui dispiace lasciarli. Memo per la prossima volta: bando ai sentimentalismi! è l’obiettivo che conta!
Edù riprende la guida del camion e alle 12.30 fa una vera stupidaggine: non si ferma ad un posto di blocco della Polizia e tira dritto. In pochi minuti la Polizia ci raggiunge sfanalando dalla macchina. Fanno scendere Edù e se lo portano via. Ci mancava anche questa..
Nota bene che Tonio ad ogni posto di Polizia ci ha fatto segno di nasconderci.. ma dove??? Sta a vedere che ignare delle leggi di questo paese stiamo viaggiando clandestine! Questa faccenda non mi piace per niente. Chiedo spiegazioni a Tonio sulla nostra regolarità. Risponde che non ci sono problemi ma non mi convince. Peraltro lui è solo preoccupato per il suo carico e per il ritardo nella consegna. Con la calcolatrice in mano si avvia a piedi verso il posto di Polizia perchè Edù non gli risponde al cellulare.
Ok, è giunto il momento di mollarli: lascio a Saidi 300 MTN e fermo un chapa in transito.
Saliamo sopra ai sacchi di riso e ai caschi di banane e con l’aria nei capelli ci sentiamo riavere! La corsa fino a NAMPULA è piuttosto breve e alla stazione dei chapa c’è una gran confusione. Domandiamo del chapa per PEMBA. Ci dicono di andare più avanti lungo la strada dove stanno partendo dei chapa per NAMIALO, punto di incrocio per le diramazioni che vanno a Pemba e Ilha de Moçambique.
Ma Namialo è un posto pericoloso e se da lì non parte alcun mezzo per Pemba? Un ragazzo cerca di convincerci a salire su un chapa insistendo che va sicuramente a Pemba. Invece va a Montepuez! L’autista, un signore di una certa età, lo rimprovera dicendogli Não inganas la turistas! Ecco bravo, insegnagli ad essere corretto con i turisti, deve capire che il suo comportamento è controproducente!
Innervosita da questo sgradevole episodio e da un ragazzo che sta tentando di infilare le mani nella mia borsa dico a Ilaria di attraversare la strada per allontanarci velocemente da qui. Sai che? Visto che prima di domani mattina non ci sono mezzi per Pemba, considerate le totali 28 ore di viaggio sul camion + chapa, considerata la stanchezza e la sporcizia accumulate (nel camion girellava pure qualche piattola..) concediamoci un albergo buono (e sicuro) a Nampula!
Prima però una Coca Cola .. con urgenza.. siamo disidratate ..e completamente distrutte.
L’HOTEL TROPICAL si trova in una tranquilla strada interna e già dalla veranda ci piace. Alla reception ci comunicano il prezzo. Provo a chiedere lo “sconto pezzenti”. Ci guardano scettici e Ilaria non sa se ridere o piangere.. sta svenendo dalla stanchezza e desidera solo una doccia, a qualunque prezzo! Dobbiamo anche essere uno spettacolo pietoso.. Ok, bando agli indugi, saliamo in camera.
Rispetto ai posti dove abbiamo dormito fin’ora è un pezzo in là.. speriamo di non intasare la doccia con tutta la terra che abbiamo addosso! Rimesse a lucido sembriamo altre clienti quando passiamo davanti alla reception per andare a bere una meritatissima birra sulla veranda. Uomini d’affari stanno facendo dei colloqui di lavoro. Ci chiama il proprietario del residence dove dormiremo a Pemba per informarci che, siccome domani viene a Nampula a prendere un gruppo che arriva in treno (quello che non c’era quando ne avevamo bisogno noi!) da portare a Ilha, quindi a Pemba può portarci lui. Ma è fantastico!
9 agosto, mercoledi
Riposate e felici scendiamo a far colazione per poi apprestarci a fare shopping. Squilla il telefono, è il tipo di Pemba. Dice di essere appena partito con tre macchine e che il posto per noi non c’è più. Non solo, aggiunge che resterà qualche giorno a Ilha col gruppo, che poi porterà su a Pemba. Ecco chi ci ha occupato la pensione nei giorni in cui volevamo starci noi costringendoci a modificare l’itinerario!
A parte questo.. ma non lo sapeva ieri sera?? perché grazie a questa novità del giorno abbiamo perso un favoloso autobus di linea! (credo sia quello che chiamano Il Tanzaniano). Per fortuna sono solo le nove e un chapa dovremmo ancora riuscire a prenderlo.. Prepariamo svelte gli zaini e andiamo alla stazione dei chapa dove c’è la solita gran confusione. Una ragazza ci prende sotto la sua tutela dicendoci di aspettare accanto a lei mentre allontana scocciatori e millantatori. Anche un poliziotto interviene più volte e va personalmente a prenderci i posti sul chapa che parte alle 12.30 per Pemba.
Ormai siamo abituate all’attesa ma alle 12.30 in punto partiamo. L’autista è parecchio allegro, canta e guida veloce. La strada è asfaltata! Buchiamo, ma il cambio della gomma è rapido. L’unica cosa che mi pare strana è che cambiano la ruota senza far scendere tutti i passeggeri! Se fosse vuoto non farebbero meno fatica?? Ogni volta che c’è un posto di blocco della Polizia tutte le scuse sono buone per far pagare una multa. Ho l’impressione che sia una forma di tangente inevitabile. Questa volta dicono che il carico sul tetto non è sistemato bene. Mentre sostiamo per rimetterlo a posto veniamo accerchiati dalla gente del villaggio. Ilaria, che è scesa per fumare, riceve diverse proposte di matrimonio. C’è un uomo muto simpaticissimo che mima che anche lui la sposerebbe se non fosse per la moglie che poi gli taglierebbe la gola. Ridono tutti e a lui piace fare il giullare. Io intanto sono impegnata a strappare un sorriso ai bambini indecisi sul da farsi. Mi sono portata una sacchettata di sorprese degli ovetti Kinder e altre cosine che ho inserito nei contenitori dei rullini fotografici affinché anche questi abbiano l’effetto sorpresa. Li conto e certa di avere un giochino per tutti faccio loro segno di avvicinarsi. Uno solo, il meno timido, risponde all’invito. Appena il bimbo realizza di avere fra le mani un piccolo balocco mi sorride, poi si gira e lo mostra agli altri. La diffidenza scompare all’istante. I bambini confrontano i giochi e ogni tanto mi cercano con lo sguardo sorridendomi felici. Sono proprio contenta anch’io.
Prendo la cartina e sento lo sguardo di tutti i compagni di viaggio puntato sulla mappa. E’ un ottimo strumento per comunicare e fare amicizia. Arriviamo a PEMBA che è già buio. Gli amici del chapa ci organizzano il trasferimento fino a WIMBI raccomandandosi al tassista. Al residence veniamo accolte e fatte accomodare in uno splendido cottage con veranda. La proprietà è recintata e veniamo fatte scortare dalla guardia fino al ristorante vicino con l’ordine di attenderci per tornare indietro. Ma dove siamo capitate? Il ristorante è italiano ed è gestito da Mario, un uomo interessante originario dell’Elba che ci prende subito in simpatia e sotto la sua tutela. Mario vive in una bellissima casa che sta di fronte al ristorante e ci invita da lui per la colazione.
10-14 agosto, da giovedì a lunedì
A WIMBI trascorriamo giorni spensierati, spesso in compagnia di Mario e dei suoi amici. Ci portano a Pemba per vedere gli intagliatori di legno secondo l’arte makonde e alla splendida spiaggia di MURRUBUÉ, che si raggiunge attraversando un bel paesaggio ricco di fantastici baobab.
Il venerdì è “sexta feira” e tutti vanno in discoteca. Con Mario ed altri amici ci andiamo anche noi dandoci alle danze, molto accese e spontanee. Diverse ragazze mi si avvicinano confrontandosi, annusandomi ed io, senza ritrarmi, comprendendo che è il loro modo di comunicare. La domenica la spiaggia di Wimbi è gremita dalla gente locale. Dobbiamo stare attente alle nostre cose consapevoli di essere l’attrazione del giorno. Per la nostra ultima sera di permanenza a Wimbi Mario ha organizzato una serata speciale con danze tradizionali. Le danzatrici indossano vestiti arancioni, ballano e cantano mimando le attività delle donne nell’arco della giornata: il lavoro nei campi, la preparazione del pasto, la cura dei figli. Altre danze vedono i ragazzi in fase di corteggiamento.
Il giorno prima di partire decidiamo di concederci il lusso del trasferimento a Ilha de Moçambique con un comodo taxi. Prendiamo accordi con Jorge per l’indomani dandogli un anticipo per la benzina.
15 agosto, martedì
Alle 7.45 arriva Jorge con Poeta, suo cugino. Insieme ricordano “I gemelli” del film con Schwarzenegger e De Vito. Jorge è alto e robusto, Poeta è minuto e ha un viso simpatico. Ogni tre per due si fermano lungo la strada per fare acquisti. Per loro questo viaggio è una festa! possono spendere! Comprano uova patate cipolle mandarini birra, mangiano e bevono in continuazione. Non si fanno mancare costolette varie, ali di pollo fritte.. a quest’ora io avrei già vomitato tutto!
Il viaggio è veramente di lusso, nessun pigia pigia, nessuna tensione per i bagagli, nessuna sosta a Namialo! Quando arriviamo all’estremità del ponte lungo 3 km che collega ILHA DE MOÇAMBIQUE alla terraferma loro sono quasi più emozionati di noi. E’ la prima volta anche per loro e sembrano due bambinoni in gita! Jorge e Poeta girano tutta l’isola col taxi segnalandosi a vicenda le cose via via che le scoprono. Ci portano alla Banca dove cambiamo i dollari in meticais per poter pagare la corsa, poi ci conducono all’Hotel più caro dell’isola. Perché? Noi alloggiamo da Gabriel! Aahaaa… esclamano e siamo certe che stanno pensando che allora non siamo così sfacciatamente ricche!
Il PATIO DOS QUINTALINHOS è splendido e non delude le nostre aspettative. Gabriele è un architetto, l’ha progettato e realizzato dal niente veramente con gusto. Ci accoglie Ismael, un domestico.
Pago Jorge in casa perché siamo tallonate da ragazzi che parlano italiano e si dichiarano “simpatici e intelligenti al 100%”. Aiuto!
Ilaria per gentilezza risponde sempre alle domande classiche.. come ti chiami.. di dove sei.. ecc. Secondo me certe volte bisognerebbe far finta di essere sordomute, se ne renderà conto poi anche lei…
Sistemiamo i bagagli in camera e nel patio ci beviamo una buona birra nazionale, la 2M, torturate da Simba, il cane di Gabriele, che vuole giocare e se non viene assecondato morde. E’l’incubo di tutti gli abitanti della casa… La nostra stanza è molto semplice e pulita. Il bagno è in comune con altre camere ma pulito in maniera ineccepibile e bellissimo: le piccole piastrelle del pavimento sono nere e bianche, le pareti sono in parte color rosa-arancio e in parte ricoperte da lastroni di pietra grigia, i rubinetti sono di ottone invecchiato, ci sono le piante e manca parte del soffitto di paglia! E’ un bagno a cielo aperto! La casa ha anche stanze col bagno, ne intravediamo una col letto tenuto sospeso dalle corde. C’è anche la suite con bagno e terrazzo privato sul tetto. Il buon gusto regna ovunque.
Sono le tre e mezza circa: possiamo andare in giro in perlustrazione! Qui a Ilha non ci sono problemi. Siamo in un’oasi felice! Orientamento: uscendo dalla casa ci si imbatte nella verdissima moschea che è proprio di fronte. Andando a sinistra si va nella zona makuti, densamente popolata, con le tipiche case dal tetto di paglia e con i canali di scolo nel mezzo delle strette vie. Sul lato della moschea c’è l’approdo delle barche dei pescatori. In fondo alla strada c’è un enorme mercato. Andando a destra ci si addentra nella zona coloniale e residenziale ben conservata ma ancora molto decadente. In questa zona ci sono un grande ospedale funzionante, il Palazzo del Governatore, musei, palazzi in via di restauro, chiese e alcuni locali dove bere e mangiare. Sulla punta dell’isola c’è il Forte Sao Sebastiao.
Per strada veniamo costantemente scortate da ragazzini che attentissimi captano ogni parola significativa al fine di determinare quanti soldi potrebbero ottenere. Nominare un ristorante costoso equivale a non essere più mollati. Incontriamo un gruppo di bambine che gioca a saltare a zoppino dentro uno schema numerato disegnato per terra dopo aver lanciato una sassolino fino a riprenderlo. E’ un gioco che anche noi facevamo da bambine. Ci mettiamo a saltare con loro. Sono contentissime! Poi in una grande piazza ci imbattiamo nei bambini appena usciti da scuola. Ilaria fa qualche foto col cellulare scatenando il delirio totale perché tutti vogliono essere fotografati per rivedersi. Quando riusciamo a sganciarci cerchiamo un posto dove bere qualcosa. Ci gustiamo il tramonto e una birra da RELIQUIAS un bel locale affacciato sulla spiaggia. Per cena abbiamo deciso di andare in un locale che dovrebbe esser il migliore dell’isola, ma pronunciandone il nome, ESCONDIDINHO, ci ritroviamo seguite da un codazzo di bambini confabulanti fino a casa, dove rientriamo dopo aver attraversato l’area makuti (col buio abbiamo perso l’orientamento) dove qua e là sono accesi dei fuochi e pullula molta gente da cui veniamo ignorate. Uscendo per andare al ristorante veniamo subito riassalite dai bambini che si devono essere appostati.
Attaccano il disco: dammi dei soldi, dammi una caneta (penna), dammi dei soldi, dammi… dammi…
Ceniamo nel semplice ma bel ristorante con una gustosissima insalatona di pesce affumicato.
16 agosto, mercoledì
Spettacolare colazione assieme agli altri ospiti della casa con i quali concordiamo di affittare una barca dividendo il costo per andare sulla vicina isola di Goa domani. Abbiamo proprio tanta voglia di una giornata di mare e sole! Inoltre, siccome ripartiremo per Nampula lo stesso giorno, divideremo anche il taxi già prenotato da una di loro. Oggi esploreremo e visiteremo seriamente ILHA DE MOÇAMBIQUE. Prima tappa al FORTE DI SAO SEBASTIAO dove arriviamo tallonate dai supersimpaticoni al 100% che vorrebbero farci visitare il forte a loro piacimento. Li avverto, sto per perdere la pazienza! In attesa che finisca la costruzione della scuola, tutte le stanze del forte sono utilizzate come aule scolastiche. Mi infilo dentro un’aula. Gli studenti indossano una divisa. Restano tutti composti nonostante l’insolita intrusione. Mi siedo in un banco accanto ad uno studente. Il professore, che sembra avere la stessa età degli studenti, acconsente anche alla successiva intrusione della mia amica ma a patto che non vengano scattate foto. Si sta bene qua dentro, c’è fresco.
Gli amiconi simpaticoni al 100% benché perplessi, osservando i nostri movimenti, si riappiccicano insistenti. Lancio un’occhiata ad Ilaria che dice tutto. Lei prende di petto la situazione sottolineando che vogliamo visitare da sole il forte e non essere infastidite. Se ne vanno. Brava, chiara e decisa!
Per pranzo torniamo nuovamente all’Escondidinho dove assaggiamo per la prima volta la razza: che buona! Nel pomeriggio andiamo al mercato per vedere le capulanas (parei). Compro un paio di pantaloni stupendi, uno per me e uno per mia sorella. Allo stand dei dischi compro il cd contenente una canzone sentita ovunque, la colonna sonora della vacanza. Una bimbetta dorme per terra ricoperta di mosche. Ilaria è tampinata da due bambini che chiedono una bola (palla). Mossa a compassione gliela compra ma non fa tempo a porgergliela che un altro bambino gliela strappa di mano lasciandolo dapprima inebetito, poi reagisce riattaccando il disco: bola, bola. La bola te la fai dare dal tuo amico! replica delusa Ilaria. Ma figurati, se la sarà già rivenduta.
Irina, una delle ragazze che vive al Patio e che è venuta con noi, vuol tornare a casa ma non ricorda la strada. E che problema c’è! basta dire la parola magica! “Gabriel!” e come per incanto si materializza immediatamente un bambino super-guida per condurvela.. A volte servono… che cattive…
Io invece voglio tornare nell’area makuti per poterla apprezzare di giorno. Nel negozio di civaie un bel signore attempato ci ringrazia infinitamente per la visita. Lungo la strada la gente sta affacciata sull’uscio di casa, i bimbi giocano, anche i ragazzi più grandi al tavolo da gioco, una specie di biliardo. Veniamo invitate a partecipare. Tutti quanti sono estremamente cordiali, la nostra presenza è gradita purché ci si astenga dal fare foto. Come sarebbe bello poter entrare nelle loro capanne..
Sulla spiaggia è arrivato il pesce fresco. Davanti alla sede del partito della Renamo donne ben vestite e coloratissime mi stringono la mano e sorridono. Chiedo se posso entrare: ne sono felicissime! Un ragazzo mi spiega che in quel luogo si svolgono tutti i dibattiti informativi. Io non conosco la storia delle fazioni politiche di questo stato ma mi complimento con loro, quanto meno sono davvero gentili.
Questa sera ceniamo tutti in casa ed è molto piacevole, se non fosse per il tormento di Simba! La cena è buona e abbondante, il prezzo è onestissimo ed è buffo quando, in un momento di relax, l’attenzione di tutti viene catalizzata da una rivista di gossip (siamo così lontani dal nostro mondo!) che passa di mano in mano finché non riesce ad impossessarsene l’inarrestabile Simba che la fa in mille pezzi..
17 agosto, giovedì
Il prezzo per il noleggio della barca per l’intera giornata è di 1900 e rotti MTN a cui va aggiunto il costo dei panini e delle bibite che consumeremo. Perfetto! Siamo in sei, Il mare è abbastanza tranquillo e la traversata per raggiungere l’ISOLA DI GOA è piacevole. Vista dal mare Ilha de Moçambique è ancora più suggestiva con i suoi bei pallazzi affacciati sull’acqua e la fortezza.
L’isola di Goa è già “pullulante” di turisti, si fa per dire.. basta andare qualche metro più in là ed è deserta. La sabbia è bianchissima. Il mare turchese in certi punti è agitato da grossi cavalloni. Ci crogioliamo al sole tutto il giorno sguazzando nella superba piscina naturale del mare. Abbronzati rientriamo alla base dove veniamo immediatamente presi d’assalto da alcuni ragazzi che vogliono venderci le missangas, le tipiche collane di Ilha. Ma non c’è mai pace in questa parte dell’isola!
Ultima cena all’Escondidinho.. sssssccccss … piano… guai nominarlo a voce alta altrimenti…
18 agosto, venerdì
La partenza è fissata per le due e mezza. Di buon ora andiamo a visitare la CHIESA DI SAO PAULO che ha un pulpito davvero notevole ed il il PALAZZO DEL GOVERNATORE, davvero splendido. Attraversato il cortile dove sono parcheggiate le scialuppe storiche, esposte carrozze e portantine e raccolte targhe di ogni tipo, si sale una scalinata che porta agli appartamenti da visitare rigorosamente scalzi. L’arredamento è sontuoso. Molti mobili provengono dall’India. Le stanze sono enormi, le suppellettili raffinate e interessanti. Questo palazzo merita assolutamente la visita.
Quando usciamo chi troviamo? i ragazzi delle collanine.. ma basta! Dopo esserci rifugiate nell’area off-limits dell’Escondidinho per il pranzo ci dirottiamo ancora una volta nella zona makuti per un ultimo assaggio dell’atmosfera più autentica di quest’isola meravigliosa. Ai bambini, che qui sono solo sorridenti e non petulanti, distribuiamo i cerotti pediatrici decorati con figurine delle nostre favole. Ne vanno tutti pazzi, pur non capendo cosa sono. infatti, dopo esserseli accaparrati, ce li porgono con aria interrogativa. Sono troppo carini. Glieli appiccichiamo sul polso a mo’ di braccialetto, un successone!
Tornate a casa, dove c’è già il pulmino che ci attende, ci facciamo un’ultima doccia velocissima, paghiamo e salutiamo Gabriele con il rimpianto di non poter restare ancora qualche giorno. Non date retta a chi vi dice che tre giorni sono più che sufficienti! io non sarei più venuta via!
Nampula, raggiunta serenamente col pulmino privato, sembra più bella e ordinata. Attraversiamo la zona commerciale con grandi negozi e banche, il nuovissimo mega hotel Girassol e la zona residenziale.
Un breve salto alla Cattedrale, di recente costruzione e dagli interni piuttosto anonimi, vale la visita per la pregevole statua della Madonna probabilmente risalente all’epoca coloniale. Torniamo al nostro fidato Hotel Tropical che costa i soliti 77 dollari. Domani faremo l’esperienza del viaggio in treno! Chiedo alla reception se qualcuno può accompagnarci alla stazione. “Nessun problema”. Che bello, qui sono le due parole più in voga. Da noi invece sono sempre e solo “che stress”, “che palle” e altre varianti..
19 agosto, agosto
Alle quattro del mattino ci rechiamo al Camino de fero accompagnate da un omino piccolo e secco.
La biglietteria della stazione è una stanzetta dalla cui finestra si vede l’impiegato che stacca i biglietti.
Appoggiato alla stessa finestra c’è un tipo che fa da portavoce ma soprattutto da padrone. Chiediamo due biglietti di prima classe (la più sicura e comunque sostenibile per noi). Il bastardone, con aria beffarda, risponde che ne è rimasto uno solo. E’ vero che c’è una folle enorme ma figurati se questi viaggiano tutti in prima classe! Ci osserva divertito. Sì, sì divertiti… e stimati soprattutto! Bene, allora prendiamo due biglietti di seconda classe. Non ci sono più posti.. risponde, sono tutti finiti! E’ evidente che lo fa apposta. Mentre ci fa la radiografia, e sempre più divertito per il nostro sconcerto, fa passare altra gente e ci incalza per sapere cosa vogliamo fare, quasi a dire che se aspettiamo dell’altro non ci sarà più posto su tutto il treno! Il povero impiegato dentro allo sgabuzzino o non conta proprio niente o deve comunque sottostare ai soprusi di questo approfittatore per ragioni che ci sono sconosciute. Ilaria propone di prendere un biglietto di prima classe, dove viaggeremo a turno con i bagagli di entrambe al sicuro, e uno di terza. Ma non se ne parla proprio! Divise non si viaggia! Dobbiamo prenderlo per forza questo treno, e per forza oggi, in tutti i modi! ma a questo cazzone non la do vinta.
Ok, con atteggiamento fermo e insindacabile chiedo due biglietti di terza classe. Voglio proprio vedere se, con la coda che mi ritrovo dietro, ha il coraggio di dire che sono finiti anche quelli… Il fetentone sorridendo ci ricorda che in prima classe c’è ancora un posto… Sì e se spera che gli allunghi un extra per farne saltare fuori un altro sta fresco. Queste cose non le sopporto! A costo di restare in Mozambico!
“Due biglietti di terza classe vanno benissimo” rispondo, senza sorriso e senza preghiere. Si arrende. Sottolineando che fa una grossa concessione e un’eccezione contro le regole, propone l’acquisto di un biglietto in prima classe con posto a sedere e di un posto in piedi, sempre in prima classe, ma allo stesso prezzo. E’ ovvio che la speranza di una mancia è l’ultima a morire e che sta tentando l’unica strada rimasta. Paghiamo e senza tanti salamelecchi e ce ne andiamo.
L’omino che ci ha accompagnato e che ad un certo punto ha provato a chiedere clemenza, ma senza successo, è frastornato e non mi sfugge che gli viene intimato di tornare con la mancia che potrebbe ricevere da noi. Sembra terrorizzato… Andiamocene via da questo posto.
Varchiamo il cancello piantonato da una donna che riceve soldi da chi entra! ma è un incubo! Un poliziotto guarda i nostri biglietti e ci fa segno bruscamente di muoverci e passare oltre. Il vagone è ancora chiuso ma arriva quasi subito l’ addetto. All’interno c’è un buio pesto, comunque è un bel treno nonostante sia vecchiotto, tipo le nostre littorine, c’è anche il bagno. Ci sediamo in attesa che il treno si riempia, poi vedremo il da farsi con i posti a sedere. Sopraggiungono i compagni di viaggio: tre uomini e una donna. Fuori c’è sempre tanta gente e di partire non se ne parla proprio. Passa il tempo e anche i nostri compagni si chiedono come mai siamo ancora fermi. Visto che siamo in un vagone letto approfitto del lettino per fare un riposino. Alle sette finalmente si parte e col treno in movimento parte anche l’aria condizionata, di cui non ci sarebbe bisogno, anzi mi gela subito i piedi impedendomi di prendere sonno. Passa anche il controllore ed è tutto a posto. Fa troppo freddo sul lettino, scendo. Curiosando nel vagone noto che ovviamente il treno è tutto fuor che pieno. I nostri compagni di scompartimento sono curiosi e ci fanno un sacco di domande soprattutto sulla qualità della vita in Italia, in Europa e in generale, se possono venire a lavorare nel nostro paese, se ci sono malattie e cure mediche. Ogni volta che il treno fa una fermata viene circondato da decine e decine di persone di tutte le età che vendono cibo: cipolle, agli, carote, agrumi, cavoli verza, mele, pesce, carne, patate, frutti piccoli e tondi che non sappiamo cosa sono, pomodori. Tutti i viaggiatori del treno comprano, soprattutto mentre il treno riparte per poterli prendere per la gola strappando un prezzaccio. Poveretti, molto probabilmente la vendita dei loro prodotti agricoli è l’unico mezzo di sostentamento.. La prima classe occupa un solo vagone. Nella seconda i sedili sono fatti con una panca di formica. Non possiamo vedere la terza classe, il treno è molto lungo. Probabilmente non c’è niente e, come sui pickup sui quali abbiamo più volte viaggiato, se hai qualcosa su cui sederti bene altrimenti stai dove puoi. Tutto sommato me lo immaginavo più emozionante questo tragitto in treno. Forse a confronto della nostra avventura sul camion niente regge il confronto..
Faccio la conoscenza di Tom, un ragazzo ugandese che lavora a Nacala e che deve attraversare la frontiera per ottenere un nuovo visto e di conseguenza il permesso di soggiorno. Ogni tanto lo becco a guardarmi di soppiatto, allora sorride con dolcezza. Quando finalmente arriviamo a Cuamba sono le cinque del pomeriggio. Tom viene con noi alla pensione Cariacò dove ci accolgono festosamente. Il tipo della reception si ricorda addirittura il mio nome! Anch’io mi ricordo della levataccia… ma sorvolo!
Ci da una camera diversa dalla precedente. Secondo me è felice di vederci perché la scorsa volta abbiamo lasciato la camera pulitissima, disinfettata e disinfestata dalle zanzare, magari si aspetta lo stesso trattamento anche in questa! Andiamo a cena con Tom in un posto dove purtroppo c’è una musica assordante. Per forza, siamo praticamente nel mezzo di una pista da ballo, anche se deserta. In compenso grazie al colore della sua pelle ci fanno un cambio migliore per i nostri dollari e paghiamo la cena molto meno di quanto l’avremmo pagata se fossimo state sole.
20 agosto, domenica
“Ma la frontiera sarà aperta di domenica?” domanda Ilaria. Ma certo, anche l’altra volta era domenica.
Contrariamente ai piani originali andremo fino a Lilongwe perché a Cuamba non siamo riuscite a prelevare e non sappiamo se sul lago sarà possibile. Così ne approfitteremo per confermare il volo e prenotare il Kiboko Town Hotel dove peraltro speriamo di trovare posto anche per questa sera. Sono le quattro del mattino e questa volta le indicazioni sono state di prendere il chapa di fronte alla stazione ferroviaria. Se non altro siamo scortate da Tom. Su questi minibus solitamente c’è l’autista più un ragazzo che si occupa di fare i biglietti e reclutare i passeggeri. Per questo motivo col pulmino giriamo per Cuamba col ragazzo che urla a squarciagola le destinazioni di Mandimba e Lichinga. Saranno contenti tutti quelli che stavano dormendo..
Ancora grazie alla presenza di Tom il viaggio ci costa solo 150 MTN. Tutto il viaggio ci è sicuramente costato almeno il doppio. Arrivate al deposito di Mandimba veniamo prese d’assalto dai ragazzi che urlando indicano la propria bici. Ilaria ormai non sopporta più questi assedi e mostra evidenti segni di insofferenza. Io ormai ho il rifiuto per i calcoli e anche volendo non riesco più a ragionare. Tom non capisce cosa stia succedendo ma attende paziente. Cambiamo i Meticais rimasti in Kwacha e poi proviamo ad incamminarci in direzione del confine. E’ praticamente impossibile muovere un passo perché siamo circondati da ragazzi che continuano a richiamare la nostra attenzione. Chiedono 30 conto per la corsa. Come 30 conto? (1 conto = 1000 mtn). Spiego loro che per protesta andiamo a piedi!
I ragazzi sono increduli. Che ringrazino i colleghi del Malawi, che fregano! Noi andiamo a piedi, abbiamo voglia di camminare! Ci tallonano per un pezzo, sicuri che cederemo. Riusciamo a camminare a malapena perché ce li abbiamo praticamente addosso. Poi finalmente qualcuno se ne va e piano piano si allontanano tutti. Ah… finalmente liberi… ed è veramente piacevole questa passeggiata.
Chiedo a Tom se pensa di aver fatto la cosa giusta scegliendo di venire a piedi con noi. Risponde di sì, è un vero gentleman. Lungo la strada incrociamo dei villaggi, gente che lavora, bambini che gridano e salutano al nostro passaggio. Comincio a cantare, a voce sempre più alta (quando attacco con le canzoni di Mina mi esalto) e noto che la gente intorno a noi lo apprezza, gli uomini approvano alzando il pollice, le donne salutano sorridenti. Sono felice e triste allo stesso tempo.
Un gruppo di donne arriva sulla strada dai campi con ceste piene di mais sulla testa e ci attornia. Ci diamo la mano e poi.. poi si mettono a cantare! Loro per noi! Il canto corale è bellissimo, augurale e commovente. Non potevamo desiderare un’uscita dal Mozambico più bella e toccante. E’ questa la gente che vogliamo ricordare!
Al border ci gratifichiamo per la fatica con una Coca Cola, poi passiamo l’altro posto di controllo per rientrare in Malawi e ci separiamo dal caro e gentile Tom. Prendendo un bus arriviamo a Lilongwe verso le sette di sera. I ragazzi del minibus ci chiedono dov’è che dobbiamo andare esattamente, tentando di terrorizzarci con i soliti discorsi sulla distanza, il buio, i pericoli ecc, ma che se troviamo un accordo con l’autista, anche se stanco, ci porterà. Ormai sono stanca di questo comportamento e alla sua spudorata richiesta di 1000 Kwacha rispondo offrendone 200. Ci accordiamo per 300, un prezzo più che accettabile considerato che l’hotel non è effettivamente lì a due passi..
Meno male che al KIBOKO TOWN HOTEL c’è posto! L’albergo è molto carino e pulito e la doccia è super! Ceniamo al Don Brioni’s Bistrot che è proprio sotto l’albergo.
21 agosto, lunedì
Dopo una bella colazione, innanzitutto prenotiamo subito per la notte del 23 e telefoniamo al Safari Beach Lodge di Senga Bay per verificare la disponibilità di un alloggio, poi andiamo a prelevare in Banca. Mission impossibile a confronto è poca cosa. Purtroppo né al Lodge né all’Hotel è possibile pagare con la carta di credito, dobbiamo riuscirci per forza. Proviamo presso un ufficio di cambio dove è possibile prelevare con la Visa ma dicono che dal Kenya nessuno risponde per l’autorizzazione. Dopo il giro delle sette banche finalmente ci riusciamo presso la Stanbic Bank. Evviva! L’avventura prosegue!
Torniamo in Hotel, paghiamo, ritelefoniamo al Lodge per confermare l’arrivo e poi cerchiamo un taxi che ci porti al deposito dei minibus diretti a Salima. Un gentile e distinto signore a cui chiediamo aiuto ci fa salire su un taxi dopo essersi raccomandato all’autista. E’ almeno la terza volta che ci capita!
Attraversiamo il fiume e poi ci incanaliamo in una zona di mercato. Sarebbe bellissimo poter girovagare giù di qui… Al deposito dei minibus c’è il solito gran movimento di mezzi e di gente. Saliamo su un bus e aspettiamo che si riempia. Venditori ambulanti ci propongono di acquistare di tutto. Sale una donna che ha in collo una bimba piccola piccola e Ilaria si offre di tenergliela finché non si sistema. E’ proprio una bambolina! Si parte. Il paesaggio è più o meno sempre il solito fino a quando raggiungiamo delle montagne sui cui tornanti il minibus arranca. Arrivate a Salima dobbiamo salire su un pickup fino a SENGA BAY. Anche a questo giro cercano di estorcerci del denaro per portarci fino al Lodge. No! Basta! Andiamo a piedi! Ma è lontano! 3 o 4 km.. e che cosa sono per noi ormai.. anzi, ci rassoderemo i glutei! Peccato che ci si appiccichi Antony, un ragazzo metà fatto metà ubriaco, che ci accompagna “for free” fino al Lodge. E’ un intagliatore di legno e vuole che andiamo a vedere la sua bottega. Domani magari ok? Siamo stanche ora… Ok, domani. La strada termina dove c’è l’Hotel Livingstone, che deve essere di gran lusso. Incontriamo un gruppetto di ragazzi rasta, anch’essi artigiani, anche loro con botteghe da vedere. Calmi! Domani le vediamo tutte!
Prendiamo la strada sterrata a sinistra, dopo un km abbondante e con non poca fatica ci liberiamo di Antony facendo il nostro ingresso al SAFARI BEACH LODGE. Già l’ambiente curato della reception-ristorante, che sembra un confortevole salotto di casa, ci piace. E’ arioso e affacciato su un bel giardino. Andiamo a vedere l’alloggio. E’ una tenda fantastica! Ci si arriva salendo sulla collina e passando sopra ad un ponticello di legno si accede alla piattaforma, sempre in legno, sulla quale poggia la tenda affacciata sul lago con tanto di veranda con poltrone e tavolino in vimini. Dalla piattaforma un altro ponticello porta al bagno, una semplice struttura di legno aperta ma al riparo dagli sguardi. La tenda è arredata con due letti in legno, un tavolino, un mobiletto, una lampada che sembra una lanterna ad olio. Per gli ultimi giorni di relax è un posto perfetto! Andiamo a vedere la spiaggia privata del Lodge a cui si accede scendendo delle scalette in fondo al giardino. E’ raccolta e rilassante. Ci sono delle belle sdraio di legno sulle quali vengono prontamente adagiati i materassini. E chi va più via di qua! Sulle rocce circostanti girellano e saltano dei grossi roditori che sono un misto fra un grosso topo e uno scoiattolo. Poi arriva una famiglia di babbuini che si esibisce in un vero e proprio show con zuffe, corse e salti. Ogni tanto si fermano a guardarci: vorranno gli applausi?
Dal lato sinistro della spiaggia proviene un cicaleccio di bambini. Dopo un po’ si avvicinano, sulla spiaggia e col contrasto della luce del sole al tramonto sono davvero stupendi. Li fotografiamo con gli occhi. Un bambino più grande viene a brontolarli e agitando un bastone li riporta indietro. Evidentemente ci sono accordi ben precisi con i proprietari del Lodge di non invadere la spiaggia. Visto che sono curiosi e che noi non siamo da meno ci alziamo e andiamo a vedere dove stanno. Dietro una staccionata di canniccio la spiaggia prosegue e c’è un villaggio di pescatori. I bambini, ammassati sul limite valicabile, guardano eccitatissimi. Chiediamo ai più grandi di poter entrare. Ci invitano a farlo. Immediatamente abbiamo tutti i bimbi piccoli addosso. Ci vogliono toccare, io ne ho almeno quattro o cinque per ogni mano. Un uomo che potrebbe avere 60 anni come solo 40 è seduto per terra, come se non si alzasse da lì da lungo tempo. Sorride e annuendo ci da il benvenuto. Un paio di donne con bambini piccolissimi al collo si avvicinano con lo sguardo vigile dell’animale femmina che difende la prole. Poi, capito che i loro piccoli non corrono alcun pericolo, quasi quasi sorridono ma non cedono, con fierezza. I bambini ci chiedono di tutto ma noi non abbiamo niente. Torniamo domani ok? Felici ma dubbiosi sulla promessa ci lasciano andare via, ma fino alla staccionata ne tengo ancora parecchi per mano. Ceniamo in compagnia di una simpatica famiglia italiana che partirà lo stesso giorno nostro con un mezzo privato, così chiedo e rimedio un passaggio per il ritorno. Facciamo il bucato stendendolo sulla veranda sperando che le scimmie non se lo portino via.
22 agosto, martedì
Giornata di totale riposo e poi la visita promessa ai bambini del villaggio. I pescatori stanno mettendo ad essiccare sulle stuoie del pesce che chiamano Chambo. E’ buono, lo mangeremo la sera per cena.
Ci addentriamo nel villaggio, fa caldo e sono piena di mosche. Mi sento un po’ a disagio perché non vorrei invadere la loro privacy. Una ragazza giovane, ma con un bimbo già al collo, mi chiede, indicandolo, il pareo che indosso. E’ il pareo più bello che ho ma.. perché no? Le faccio capire che uscendo dal villaggio glielo darò. Ovviamente non ci capiamo perché quando stiamo per andare via mi saluta delusa. Ma come! E il pareo? Un ragazzino più intuitivo capisce e le dice qualcosa. Lei mi sorride incredula con gli occhi brillanti e mi segue fino alla staccionata dove me lo tolgo e glielo porgo. Allora un’altra indica il mio costume. Eh no! almeno le mutande lasciatemele!
Rientrate al Lodge mi viene notificata una visita. Ma chi può essere!? Aiuto! E’ Antony, che sbiascica mezzo ubriaco che dobbiamo comprare ecc ecc. Spiego che non abbiamo soldi da spendere in souvenir, ma come se non avessi risposto riattacca il disco sul prezzo agli amici bla bla.. Ma che incubo! Sperando che Ilaria sia più malleabile chiede di parlare con lei. Gliela mando. Prendono accordi per un baratto: cinque portachiavi di legno contro una sua camicia! Prima di cena torna Antony con Philip il rasta simpatico. Antony lamenta che la camicia non vale cinque portachiavi. Eh… con una camicia non ci si compra da bere! Comunque, alla fine le trattative si concludono con due camicie per cinque portachiavi.
Philip invece è tranquillo e mi porge un portachiavi speciale: su un lato c’è inciso il mio nome e sull’altro ci sono due figure che si baciano. E’ un regalo! Sono commossa.
23 agosto, mercoledì
Lasciamo Senga Bay a bordo del lussuoso minibus affittato dagli italiani che gentilmente ci portano fino al Kiboko Town Hotel dove ci viene assegnata la stessa camera della volta precedente. Nel piazzale sottostante l’albergo c’è un mercato dove si vendono oggetti d’artigianato. Ci sono le tipiche sedie pieghevoli in legno intarsiato, scacchiere, statue, collane, batick. Tutti vogliono mostrarci la propria mercanzia e dare un’occhiata non costa nulla! Un pezzo però lo compro: la testa (di legno) di un impala per la mia collezione. Ceniamo nuovamente al Don Brioni per comodità, ma anche per la qualità.
23 agosto, mercoledì
Abbiamo un taxi prenotato per portarci all’aeroporto per le 12.00 perciò abbiamo ancora qualche ora per finire i nostri Kwacha facendo shopping. Per evitare lo stress delle sicure contrattazioni del mercato andiamo nel negozio che sta sotto l’Hotel che ha bella roba a prezzi onesti. Compriamo alcune cose fra le quali un bellissimo presepe in ebano per la collezione di mio papà! Percorrendo in taxi la strada che porta all’aeroporto notiamo un’infinità di chiese delle religioni più svariate, tutte rigorosamente chiuse.
All’aeroporto di Lilongwe c’è un terrazzo dal quale puoi vedere decollare e atterrare gli aerei e accedere al bar e al ristorante, ma l’ingresso è a pagamento! Questa non mi era ancora capitata! Meno male che l’addetto alla terrazza ci fa passare gratis, non abbiamo più niente!